Ottenuto il via libera da parte della Camera, il Ddl Scuola approda al Senato. Si tratta della riforma meno votata del governo Renzi insieme al Jobs Act (che fu votato il 25 novembre scorso da 316 deputati, gli stessi di oggi). Non hanno partecipato al voto 40 deputati del Pd, di cui 28 della sinistra Pd critica verso il provvedimento, 10 di Area Popolare (tra cui l’ex presidente Nunzia De Girolamo, da tempo in dissenso col suo gruppo), 6 di Scelta Civica, 3 di Per l’Italia-Centro democratico. Sedici gli esponenti dem in missione.
Se però a Montecitorio, Renzi può contare su una maggioranza solida, al Senato il discorso cambia. La ministra delle riforme, Maria Elena Boschi, si dice fiduciosa nel passaggio a Palazzo Madama: “Al Senato abbiamo un altro passaggio altrettanto significativo e quindi ovviamente riaffronteremo alcuni punti che sappiamo sono ancora discussi”. Più dubbi, invece, per Luigi Di Maio, membro del direttorio del M5S che su Facebook scrive così: “Sul ddl scuola abbiamo perso una battaglia ma non la guerra. Alla Camera il Pd ha un premio di maggioranza abnorme e noi del Movimento avevamo circa trenta espulsi dall’Aula per aver difeso la Costituzione due mesi fa. Ma al Senato la maggioranza si regge in piedi per sette voti. Per questo state certi che daremo battaglia, sarà un ‘vietnam’. Molti genitori, studenti e insegnanti ci scrivono per fermare questo scempio. Noi siamo dalla vostra parte”.
Cosa può succedere, nei fatti, al Senato? Sulla carta, come riporta l’Asca, il governo Renzi può contare, sulla carta, a Palazzo Madama su 174 voti: 112 del Pd (Pietro Grasso, presidente del Senato, non vota), 36 di Area Popolare, 17 Per le Autonomie (compresi i senatori a vita Giorgio Napolitano, Elena Cattaneo, Carlo Rubbia), 3 di Gal (Paolo Naccarato, Michelino Davico, Angela D’Onghia), 4 del gruppo Misto (Benedetto Della Vedova, Mario Monti, Salvatore Margiotta, Maurizio Rossi) e ultimamente anche di due nuovi voti quelli di Sandro Bondi e Manuela Repetti usciti da Fi.
Si tratta di 13 voti sopra la maggioranza dei componenti del Senato, che è di 161, e dunque senza i 24 senatori dem che non votarono l’Italicum a Palazzo Madama i numeri del governo si fermerebbero a 137 effettivi.
L’opposizione può contare su 144 senatori: 36 M5S, 58 di Fi, 12 Lega, 12 Gal, 26 del Misto (7 di Sel, 4 del movimento x, 2 Italia lavori in corso, 10 ex M5S, 3 ex Lega). I senatori a vita Carlo Azeglio Ciampi e Renzo Piano, iscritti al gruppo Per le Autonomie, non votano.
Sarà importante ricucire lo strappo con la minoranza del Pd o in alternativa reclutare voti a favore nel gruppo Misto e nel gruppo Gal, accettando, dunque, qualche ‘compromesso’. Intanto la minoranza dem ha già allertato i colleghi senatori inviando una lettera sottoscritta da una rappresentanza di deputati per chiedere “l’impegno del Senato a portare i necessari cambiamenti” al ddl di riforma della scuola.
Per entrare in vigore già dal prossimo anno scolastico, il disegno di legge dovrà essere approvato entro metà giugno. Dopo lo stop per le Regionali, il fronte della scuola potrebbe nuovamente diventare incandescente.
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