Uno degli articoli del disegno di legge su cui, più di altri, si concentrato il dibattito in aula è stato quello dedicato alle deleghe. Inizialmente era l’articolo 21, ma con l’introduzione di due articoli intermedi riporta il numero 23.
Sulla questione, il dibattito, in aula e fuori, è stato ampio e accesso perchè l’opposizione ha accusato il Governo di pretendere una sorta di “delega in bianco”.
Alla resa dei conti l’intero articolo ha subito alcune modifiche di non poco conto.
Per esempio è stato approvato un emendamento che ha cancellato del tutto la delega al riordino degli organi collegiali della scuola (sia di quelli a livello di singola istituzione scolastica sia di quelli territoriali previsti da un vecchio decreto legislativo del 1999).
I gloriosi consigli di istituti nati del 1974 e cioè 41 anni fa continueranno così a rimanere tali e quali ancora per un po’ di tempo anche se, ormai, non hanno più quella forza di rappresentanza che li contraddistingueva alle origini.
E’ rimasta pressochè inalterata la prima delega, quella relativa al riordino delle disposizioni normative in materia di sistema nazionale di istruzione e formazione attraverso la la redazione di un nuovo testo unico delle disposizioni in materia di istruzione.
In proposito i deputati del M5S si sono mostrati molto preoccupati ed hanno espresso il timore che attraverso questo strumento il Governo voglia mettere mano all’orario di servizio dei docenti.
In realtà il timore ci sembra un po’ eccessivo dal momento che, normalmente , i testi unici non possono apportate modifiche sostanziali all’impianto delle norme preesistenti. D’altronde la stessa delega prevede che il riordino possa avvenire “anche apportando integrazioni e modifiche innovative necessarie per garantirne la coerenza giuridica, logica e sistematica”. Ed è davvero difficile pensare che la revisione dell’orario di lavoro del personale possa essere intesa come modifica finalizzata a garantire la “coerenza” del TU.
C’è poi comunque una questione ancora più importante: la delega ha la durata di 18 mesi, il che significa che il Governo avrà tempo fino a dicembre 2016 per rivedere il testo unico che, in ogni caso, non potrà che andare a regime a partire dall’anno scolastico 2017/2018.
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