La conferenza nazionale sulla ddl scuola, indetta per i primi di luglio “con sindacati, studenti, famiglie, quelli che vogliono essere assunti”, riporta alla mente quanto è avvenuto al tempo della contestazione studentesca del ’68. I docenti, dimenticando le loro responsabilità professionali, hanno lasciato nell’indeterminatezza la gestione dell’aula: note sono le conseguenze.
La contrapposizione distruttiva tra docenti e studenti sarebbe stata evitata se gli operatori della scuola avessero partecipato propositivamente alle assemblee, se avessero studiato il campo del problema senza pregiudizi, se avessero identificato e concordato traguardi formativi e traguardi educativi, se avessero formulato e monitorato rigorose strategie d’intervento, se non avessero dimenticato l’oggetto del mandato ricevuto.
L’analogia è giustificata dalla confusione oggi imperante: se il governo si fosse ricordato d’essere l’organo esecutivo dell’apparato statale non sarebbero state erette tante barricate. La proposta avanzata, infatti, non rispetta i vincoli posti dal legislatore, è concepita come se il mondo della scuola fosse intonso, è disattenta al vissuto dell’istituzione, s’ispira alla scuola d’inizio secolo scorso.
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