Nessuna scorciatoia, la riforma della scuola va prima approvata e poi applicata. A chiederlo è Francesco Scrima, leader della Cisl Scuola, che chiede al Governo di tenere “fede all’impegno assunto nell’incontro di palazzo Chigi del 12 maggio scorso: in quella sede – dice il sindacalista – si è concordato un percorso da concludere con un nuovo incontro al massimo livello politico, dopo il confronto al MIUR e le audizioni in Commissione al Senato. Lo si convochi quanto prima, perché servono chiarezza, coerenza e responsabilità”.
Invece, continua Scrima (nella foto a sinistra), accade quel che non ti aspetti: “il ministero dell’istruzione invita i direttori regionali a “portarsi avanti” nell’applicazione di una legge che ancora non c’è. A loro volta i direttori regionali, chi informalmente e chi con atto formale, chiedono ai dirigenti scolastici di applicare le disposizioni previste dal ddl sull’organico dell’autonomia e di individuare il fabbisogno di posti per il prossimo anno scolastico. Infine i dirigenti, e qui si chiude questa catena di illegittimità partita dal ministero dell’istruzione, sono indotti a convocare i Collegi dei docenti per acquisire il parere previsto dal ddl”.
Il sindacalista Cisl punta il dito anche contro “il ministero, che mai ha mostrato di avere il controllo della situazione in questa vicenda: non pensi ora di cavarsela imboccando scorciatoie illegittime e assai poco riguardose nei confronti di un ramo del Parlamento ancora impegnato nell’esame del testo. Nessuno degli atti adottati prima che la legge sia pubblicata in Gazzetta può avere peraltro validità: si eviti dunque di coinvolgere i collegi in adempimenti inutili, privi di legittimità e che dovranno pertanto essere necessariamente ripetuti”.
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Il rischio fondato, per il sindacato, è che i tempi di approvazione e introduzione della riforma “siano ormai talmente stretti da rendere quasi impossibile garantire un regolare avvio dell’anno scolastico: è un rischio che denunciamo da tempo e che purtroppo si sta concretizzando”.
Per Scrima, in conclusione, siamo alla “commedia pirandelliana in cui ciascuno (premier, ministro, Senato) continua a recitare a soggetto”.
L’impressione, però, è che il copione non sia stato concluso. E se la “commedia” avesse un finale inaspettato?
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