La mancata copertura economica di 9mila assunzioni di docenti ordinari, voluta dalla commissione Cultura della Camera, potrebbe rappresentare la debacle della riforma dell’università: il testo, che doveva giungere nell’aula di Montecitorio il 14 ottobre, dopo l’ok a fine luglio del Senato, rimane infatti pericolosamente in stand by per decisione della commissione Bilancio della Camera. Formalmente la discussione è stata rimandata di sole 24 ore, a venerdì 15, ma di fatto se ne riparlerà tra due mesi, alcuni esperti di iter parlamentari già parlano dell’inizio del 2011, dopo la non certo breve verifica di compatibilità di bilancio dei fondi.
Alla vigilia della discussione del ddl, non è bastato che Gelmini telefonasse al premier Berlusconi nella speranza di un salvataggio in extremis: nell’incontro ad Arcore tra il capo del Governo e Giulio Tremonti, riferiscono fonti di Governo, la risposta del ministro dell’Economia è stata infatti categoria: “I soldi non ci sono. E se metto i soldi su questa riforma ordinamentale – sarebbe stato il ragionamento del ministro – poi tutti verranno a chiedermi la stessa cosa per altri provvedimenti”.
Una dura realtà quindi, di cui hanno dovuto prendere atto anche i capigruppo della Camera, a cui spetta la calendarizzazione della discussione del testo, dopo che sempre il 13 ottobre, anche la Ragioneria Generale dello Stato si era espressa sulla stessa linea del responsabile del Mef. A quel punto per proseguire l’esame del ddl in Aula sarebbe bastato cancellare l’emendamento introdotto dalla commissione Cultura: ma Futuro e Libertà ha puntato i piedi: “le modifiche per noi sono fondamentali, soprattutto quella sui ricercatori – ha detto la finiana Chiara Moroni – e quindi il Governo deve trovare la copertura. Altrimenti, non c’è alcuna fretta di varare la riforma, si può aspettare la Finanziaria”.
Una linea pienamente condivisa dal Pd, che con Massimo Vannucci ha ribadito la necessità “di approvare Bilancio e Finanziaria con risorse certe e poi discutere le modifiche nel merito”.
Una dura realtà quindi, di cui hanno dovuto prendere atto anche i capigruppo della Camera, a cui spetta la calendarizzazione della discussione del testo, dopo che sempre il 13 ottobre, anche la Ragioneria Generale dello Stato si era espressa sulla stessa linea del responsabile del Mef. A quel punto per proseguire l’esame del ddl in Aula sarebbe bastato cancellare l’emendamento introdotto dalla commissione Cultura: ma Futuro e Libertà ha puntato i piedi: “le modifiche per noi sono fondamentali, soprattutto quella sui ricercatori – ha detto la finiana Chiara Moroni – e quindi il Governo deve trovare la copertura. Altrimenti, non c’è alcuna fretta di varare la riforma, si può aspettare la Finanziaria”.
Una linea pienamente condivisa dal Pd, che con Massimo Vannucci ha ribadito la necessità “di approvare Bilancio e Finanziaria con risorse certe e poi discutere le modifiche nel merito”.
Per il ministro Gelmini non è stato possibile fare altro, ‘scaricando’ sul Tesoro la responsabilità del rinvio: “Il Miur – ha fatto sapere in serata – ha presentato una riforma, moderna e innovativa, che ha l’ambizione di rilanciare l’università italiana. Ora tocca al Parlamento approvarla e al ministero dell’Economia valutarne la copertura”. Il problema è che dal Tesoro sono scettici sulla possibilità che, tra Finanziaria e ‘Milleproroghe’, si mettano insieme le risorse necessarie per coprire l’assunzione dei 9mila ricercatori.
A livello politico appare significativa la dichiarazione del leader di Alleanza per l`Italia, Francesco Rutelli, il cui partito aveva votato favorevolmente al Senato, secondo cui “se rimanesse il veto di Tremonti sarebbe un dramma per l`università italiana: sarebbe la prova definitiva – sottolinea Rutelli – che questa maggioranza non riesce a fare le riforme. Neppure quando ottiene consensi dalle opposizioni, come ApI ha fatto, votando a favore al Senato”
Per il popolo dei ‘no’ al ddl questi fatti rappresentano un bel passo avanti. Però non cantano vittoria. Tanto che il 14 ottobre si ritroveranno comunque – associazioni docenti, ricercatori, studenti ed partiti del centro-sinistra, anche extra-parlamentare – davanti a Montecitorio per avviare un presidio che ‘sorvegli’ simbolicamente su eventuali colpi di mano della maggioranza: “lo spostamento dell’esame da parte della Camera – ha detto Giorgio Paterna, coordinatore dell’Udu – è un segnale importante, ma dobbiamo rimanere attenti agli obiettivi; è necessario insistere, ancora più in questo momento, per far ritirare un disegno di legge che costituisce la distruzione dell’università pubblica”. Tagliente il giudizio di Mimmo Pantaleo, leader Flc-Cgil: ”il gioco delle tre carte della Gelmini e di Tremonti è stato svelato. Adesso puntiamo ad aprire una grande e partecipata discussione pubblica sul futuro dell’università Italiana”.