Negli ultimi tempi, come sappiamo, ci sono state diverse tensioni tra Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio dei Ministri, e Vincenzo De Luca, Presidente della Regione Campania. Quest’ultimo, qualche settimana fa, ha anche insultato la premier con un epiteto non proprio carino, “s****a”.
Presente a Caivano, la Meloni, qualche giorno fa, ha stretto la mano al governatore campano riprendendo quell’insulto. “Sono ‘quella s****a’ della Meloni, come va?”, queste le sue parole. Inutile dire che il siparietto è andato virale.
La leader di Fratelli d’Italia ha detto poi a Il Corriere della Sera di essersi voluta difendere. “Io sono stata insultata, e banalmente mi sono difesa. Quello che è successo ieri ha a che fare con la questione femminile: De Luca non ha mai usato quella parola con nessun altro, il messaggio è che le donne si possono insultare perché sono deboli. No, non siamo deboli. I bulli sono deboli, bravi a fare i gradassi dietro le spalle, ma quando li affronti non lo fanno più. È finito il tempo in cui le donne devono subire. E mi aspetto su questo di sentire anche una parola delle femministe”.
Se la politica utilizza queste parole e viene ridotta a mero scontro tra personalità, quale esempio viene trasmesso ai giovani? Spesso abbiamo ribadito che l’educazione non dovrebbe essere solo questione riservata alla scuola o alla famiglia, ma che il contesto sociale fa anch’esso la sua parte.
I giovani, prendendo alcuni personaggi come esempio o semplicemente influenzati dall’aggressività che pervade la società potrebbero essere probabilmente più propensi a replicarla.
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