Home Politica scolastica De Luca torna sull’autonomia differenziata: si spacca l’Italia. Ma Fratelli d’Italia tace

De Luca torna sull’autonomia differenziata: si spacca l’Italia. Ma Fratelli d’Italia tace

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Il presidente della regione Campania, Vincenzo De Luca, ritorna sulla questione che gli sta particolarmente a cuore, quella dell’autonomia differenziata, mentre non si sentono osservazioni da parte di  Fratelli d’Italia, partito statalista per tradizione e cultura, e assai lagato al concetto di Unità nazionale, Patria, Nazione.

Dice intanto De Luca: “Non si si sfugge alla sensazione che questo rilancio dell’autonomia differenziata in modo così affrettato e ideologizzato risponda a esigenze politiche di partito, e a scadenze elettorali a breve. La bozza di riforma circolata in queste ore è tale da rafforzare tutte le preoccupazioni già avanzate, rispetto a una riforma istituzionale tanto inefficace quanto foriera di pericoli gravi per l’unità del Paese. 

“Nel merito, le ragioni che rendono inaccettabile l’ipotesi di autonomia che è stata messa in campo sono:  Chi definisce i Lep? Occorre un organismo tecnico non politico. 

E’ insostenibile una riforma a costo zero? 

Come si recuperano i divari regionali nella spesa pubblica? 

E’ inaccettabile l’ipotesi di residuo fiscale trattenuto dalla regioni a maggiore capacità fiscale. Sono inaccettabili contratti integrativi regionali per la Sanità. Questo renderebbe impossibili servizi uniformi per i cittadini, e spaccherebbe il sistema sanitario nazionale.

Inaccettabile il ridimensionamento scolastico a danno essenzialmente del Sud. I segnali che arrivano dal Governo non sono rassicuranti. Valuteremo nel merito. Non consentiremo lo smantellamento della sanità pubblica e della scuola pubblica statale. 

Non consentiremo, in nessuna forma, la spaccatura dell’Italia”.

Infatti, invece di chiedersi il Governo come fare a migliorare l’intero Paese rispondendo alle grandi sfide, quella energetica come anche quella alimentare, ci si impantana sulla autonomia differenziata che contribuisce a spaccare una Nazione già spaccata. 

Dice il sociologo in una intervista a Vita.it: “ A Bolzano l’anno scorso si registrava 45mila euro di reddito pro-capite, praticamente la più ricca d’Italia, mentre la Calabria 19mila, allora dobbiamo riflettere sul fatto che, finché ci sarà una cittadinanza e saremo tutti cittadini, abbiamo diritto a godere degli stessi servizi di base, i cosiddetti Lep, prestazioni minime per la vita come la scuola, la sanità, la casa. Tutto questo non può essere delegato alle Regioni, lo abbiamo visto con la pandemia, ma deve giocare un ruolo importante lo Stato, quindi i Comuni. Poi, però, ci deve essere l’uguaglianza di qualità nei servizi. Non è, infatti, possibile che a Reggio Emilia ci siano 25 asili nido e in Calabria solo due perché questo divario, queste contraddizioni colpiscono le donne e riducono le loro opportunità di lavoro”.

“C’è stato sempre un dislivello anche dal punto di vista dell’istruzione, della cultura. Lo dimostra il fatto che nel ’51, il primo censimento dopo la seconda guerra mondiale, in Calabria gli analfabeti erano ancora il 50% mentre in Lombardia il 12%. Soprattutto questo è il divario da colmare perchè, quando si investe nella cultura, nella ricerca, nell’università, si investe nella crescita dell’intera comunità”.

Ma la domanda è: perché queste spinte autonomiste partono sempre dal Nord? Perché sempre il Nord inasprisce le lotte per rendersi autonomo dal resto d’Italia e in modo particolare dal Sud? 

Eppure, sottolinea sempre il sociologo: “Trento e Trieste, durante la Prima guerra mondiale, furono liberate dal dominio austro-ungarico, ma non dobbiamo dimenticare che furono centinaia di migliaia i meridionali che morirono sul fronte. Ebbene, non c’è un Comune del Sud, anche il più piccolo, che non abbia un monumento dedicato ai suoi caduti.”