Il linguista e accademico dei Lincei, Tullio De Mauro, in un suo intervento si Internazionale.it, si chiede se ci sia una relazione tra uso del computer e sviluppo delle competenze linguistiche e matematiche. Riportiamo per intero la sua preziosa testimonianza.
L’Ocse ha cercato una risposta raccogliendo dati in 31 paesi. Il computer in sé non è un apriti sesamo. Nel metterne a frutto l’utilizzo pesano fattori culturali e sociali di partenza. La Frankfurter Allgemeine Zeitung e altri giornali tedeschi sottolineano un dato: allievi culturalmente deboli usano il computer essenzialmente per giocare e l’uso prolungato non solo non si traduce in passi avanti nelle conoscenze e competenze ma è sospettabile di effetti negativi evitabili solo se chi insegna è capace di fare intendere agli alunni come sfruttare in modo intelligente le risorse tecnologiche a disposizione.
In Francia gli esperti traggono una conclusione: invece di investire per far crescere il numero di computer nelle scuole i governi farebbero meglio a investire per far crescere la capacità di insegnare e apprendere le competenze di base, insomma leggere, scrivere, far di conto, le tre r dell’inglese reading, writing e arithmetics, necessarie per ben sfruttare il pc. Nei paesi dell’Ocse 96 alunni su cento hanno a casa un pc, ma solo settanta lo usano per studiare. Chi usa con moderazione il pc tende ad avere risultati un po’ migliori di chi non l’usa mai, pessimi i risultati di chi l’usa troppo (anche a parità di condizioni sociali). Combattere le disparità familiari e innalzare la qualità degli insegnanti restano condizioni non eludibili di una scuola davvero buona.
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