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De Mauro: sul metodo Clil troppa improvvisazione, mandiamo i prof d’inglese un anno all’estero

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“Il metodo Clil per l’apprendimento integrato di lingua e contenuto è buono a patto però che ci siano insegnanti adeguati e forse siamo ancora lontani da questo obiettivo”.

La denuncia è arrivata, il 19 marzo, da Tullio De Mauro, linguista ed ex ministro dell’Istruzione, intervenuto al Festival delle Lingue in corso di svolgimento a Rovereto.

Secondo l’accademico “occorrono insegnanti preparati ad insegnare in maniera credibile. Non vorrei che fosse solo una moda”.

De Mauro ha anche fatto riferimento al fatto che in molte università italiane, specie nelle facoltà scientifiche, alcuni docenti approcciano lezioni in lingua straniera con troppa improvvisazione.

“Si insegna in inglese perché ciò attrae studenti dall’estero”, ha detto l’ex ministro.

 

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Poi De Mauro è passato dalle bacchettate alle proposte: serve uno sforzo per preparare docenti “capaci di dare vita ad un Clil serio e capace di formare le nuove generazioni”.

“Temo che non ci siano altre vie se non quello dei soggiorni all’estero dei docenti. Un anno per perfezionare una lingua non è un anno di vacanza. Potrebbe essere una soluzione per far fare un salto di qualità”.

L’idea dell’ex ministro non è nuova, ma averla rilanciata farà sicuramente farà piacere ai tanti docenti che insegnano nella lingua d’Oltre Manica che accoglierebbero con entusiasmo un periodo formativo, anche un anno, fuori dai confini italiani.

Il problema principale, però, è sempre lo stesso: considerando che si tratta di un numero considerevole di insegnanti, chi pagherà la loro formazione all’estero e il loro supplente per l’anno di aggiornamento?

 

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