La lettura del comma 14 dell’articolo 8 della manovra finanziaria risultava fino a pochi giorni fa di difficile interpretazione.
Infatti la disposizione recita espressamente: “Fermo quanto previsto dall’art. 9, le risorse di cui all’ articolo 64, comma 9, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 sono comunque destinate, con le stesse modalità di cui al comma 9, secondo periodo, del citato articolo 64, al settore scolastico”.
In altri termini: una quota del 30% dei risparmi derivanti dalla riduzioni di organici continuerà ad essere destinata alla scuola, fermo restando il disposto dell’articolo 9 della manovra (si tratta della norma che prevede che gli stipendi dei dipendenti pubblici non possano andare oltre gli importi del 2010).
Sembra una contraddizione, ma la spiegazione sta in una lettura testuale della norma oltre che nella relazione tecnica allegata al decreto.
Intanto bisogna osservare che il comma 14 dell’articolo 8 dice che i risparmi continuano ad essere destinati al settore scolastico e non necessariamente alla valorizzazione della professionalità docente.
In pratica il testo lascia aperta la strada ad un cambio di destinazione delle risorse.
Se poi si va a leggere la relazione tecnica allegata tutto diventa chiaro.
“La norma – spiega la relazione – destina le economie di cui all’articolo 64, comma 9, della legge 133 al ripianamento dei debiti pregressi delle istituzioni scolastiche ovvero al finanziamento delle spese per supplenze brevi e di funzionamento ivi comprese quelle per le attività di cui all’articolo 78, comma 31 della legge n. 388/2000”.
La disposizione assume un rilievo di non poco conto, soprattutto sotto il profilo politico, in quanto per la prima volta il Ministero dell’Economia ammette esplicitamente che le scuole vantano crediti nei confronti dello Stato.
Il MEF, infatti, ha sempre negato l’esistenza di tali debiti, con un ragionamento tanto semplice quanto sbagliato sotto il profilo contabile: “E’ vero – ha sostenuto per lungo tempo il MEF – che le scuole hanno residui attivi di un miliardo di euro, ma è altrettanto vero che hanno avanzi di amministrazione di uguale entità; e allora basterebbe usare gli avanzi per cancellare i residui”.
Peccato che quasi sempre gli avanzi di amministrazione derivino da risorse di provenienza non statale (contributi di enti locali, delle famiglie e così via).
Così come appaiono del tutto incosistenti le spiegazioni fornite dal ministro Gelmini che in più circostanze aveva affermato che le difficoltà finanziarie delle scuole sono dovute in larga misura alla incapacità dei dirigenti scolastici.
Invece adesso la relazione tecnica allegato al decreto 78 certifica, nero su bianco, che debiti e difficoltà ci sono davvero e che non sono dovute alla incompetenza dei dirigenti.
Adesso si tratta di vedere cosa succederà durante il passaggio in Parlamento.
Il ministro Brunetta ha già fatto sapere che un po’ di soldi per premiare il merito dovranno saltare fuori e allora è probabile che, alla fine, si arrivi ad un compromesso: un po’ di risparmi serviranno per ripianare i debiti e un po’ andranno al personale, che nel frattempo sconterà però il taglio degli stipendi a causa del blocco del contratto e degli scatti di anzianità.
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