Il decreto-legge deve essere deliberato dal Consiglio dei Ministri, emanato dal Presidente della Repubblica e immediatamente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
Il giorno stesso della pubblicazione il decreto-legge deve essere presentato alle Camere. Presentato il decreto-legge il Governo chiede al Parlamento di produrre la legge di conversione, per cui il decreto-legge viene presentato come allegato di un disegno di legge.
I decreti-legge, se non convertiti in legge entro 60 giorni, perdono efficacia sin dall’inizio. Da considerare che l’apprezzamento circa la necessità e l’urgenza del decreto legge, effettuato in prima battuta dal Governo, deve essere nuovamente effettuato dal Parlamento in sede di conversione, la quale produce l’effetto di scaricare il Governo dalla responsabilità che esso si era assunto nel sostituirsi provvisoriamente al Parlamento.
La perdita di efficacia del decreto-legge è chiamata “decadenza”. La decadenza, infatti, travolge tutti gli effetti prodotti dal decreto-legge. Quando il decreto entra in vigore, esso è pienamente efficace e va applicato; ma se decade, tutto ciò che si è compiuto in forza di esso è come se fosse stato compiuto senza una base legale. Tutti gli effetti prodotti vanno eliminati perché costituiscono, una volta persa la base legale, degli illeciti. Se il decreto-legge è adottato per varare una disciplina complessa, per la quale il procedimento legislativo ordinario sarebbe stato troppo dispersivo, è assai improbabile che 60 giorni bastino all’esame parlamentare. Così è invalsa la prassi, poco costituzionale, della reiterazione del decreto-legge, in altre parole alla scadenza dei 60 giorni il Governo emana un nuovo decreto-legge, che riproduce senza o con minime variazioni quello precedente, ormai scaduto, e ne sana gli effetti attraverso meccanismi diversi.
Negli ultimi decenni a fronte della crisi della legge parlamentare, il decreto-legge continua a essere lo strumento utilizzato dai Governi dei vari colori politici, per utilizzare una corsia preferenziale per fare approvare i propri disegni di legge (cosiddetto abuso del decreto-legge), allontanandosi vistosamente dall’impianto del Costituente, che aveva pensato al decreto-legge quale strumento straordinario per fronteggiare soltanto i casi imprevedibili.
L’abuso si verifica anche in sede di conversione, quando il Parlamento aggiunge al testo del decreto contenuti eterogenei per accelerare l’approvazione di proposte da troppo tempo pendenti in Parlamento.