C’è un’ala del Pd che disdegna la riforma della scuola. A capitanarla, da qualche settimana, è Michele Emiliano, candidato alla segreteria nazionale del partito.
Nel commentare il disco verde del Consiglio dei ministri ai decreti legislativi della L.107/15, l’anti-Renzi ha detto che “di ‘buono’ continuiamo a vederci poco. Noi, come Regione Puglia, l’abbiamo anche impugnata”.
“Ancora una volta – ha continuato Emiliano – il governo vara provvedimenti sulla scuola, senza condividerne gli obiettivi, che restano, dunque, privi di una visione e incapaci di risolvere le tante emergenze quotidiane: stipendi allineati alla media europea, rinnovo del CCNL, incremento degli organici; aumento del tempo scuola, nuove assunzioni, mobilità, superamento del bonus premiale, abolizione della chiamata diretta, riconoscimento del sovraccarico di lavoro per gli uffici amministrativi e aumento esponenziale di responsabilità per le funzioni dirigenziali”.
“Per quanto riguarda la seconda fascia, poi – rileva sempre Emiliano – non ci sono certezze: non sono fissati i termini precisi per le prove orali e i docenti con anni di esperienza rischiano di restare senza lavoro. Bisognerebbe, subito, mettere a punto una tabella di titoli e servizio. Gli insegnanti di terza fascia, non ne parliamo: chiedono che sia riconosciuta la loro abilitazione (o di acquisire l’abilitazione n.d.r.) e, invece, sono sempre dimenticati da tutti”.
“Con queste deleghe – aggiunge Emiliano – si porta a compimento quella pseudo riforma della “buona scuola”, che, come riferito nella mia mozione, ha creato la più lacerante contrapposizione d’interessi che la scuola italiana ricordi: docenti titolari di ambito contro docenti titolari di scuola, docenti di ruolo contro docenti precari, personale ATA contro personale docente, dirigenti scolastici contro tutti”.
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“Una riforma, che è stata universalmente avvertita – conclude – come una ‘controriforma’, in piena sintonia con quanto accaduto sul versante del lavoro con il Jobs Act: sono le due facce, perfettamente coerenti negli obiettivi, della stessa medaglia su cui è inciso il motivo del fallimento delle scelte politiche di Renzi e l’esito del referendum del 4 dicembre”.
Di riforma della Scuola parlano anche i fuorusciti dal Pd. Ad iniziare da Roberto Speranza, leader di Articolo 1 – Movimento democratico e progressista: “La riforma della scuola non risponde alle esigenze di insegnanti e studenti che tutti giorni la vivono e la fanno vivere”, ha detto.
“Con l’approvazione dei decreti attuativi in Consiglio dei ministri si prosegue sulla strada della Buona Scuola già intrapresa dal governo Renzi. Non sono state accolte molte delle proposte delle forze sindacali e delle associazioni studentesche e si è scelto di proseguire in quella modalità autosufficiente che ha già fatto perdere molti consensi al centrosinistra. Noi di Articolo 1 – Mdp faremo le nostre battaglie in Parlamento per modificare la legge 107 e saremo al fianco di chi intenderà avanzare proposte concrete finalizzate a promuovere l’inclusione educativa, ad affermare i diritti educativi dell’infanzia e il diritto allo studio degli studenti”, ha concluso Speranza.
Parla di scuola anche l’ex premier Enrico Letta. Nel corso della presentazione romana del suo libro ‘Contro venti e maree’, dice: “Odio gli slogan, non mi sono mai piaciuti. Chiamare, ad esempio, una riforma ‘La Buona Scuola’ dava da subito l’idea di una ‘sola’…”.
Ricordiamo che Letta aveva rassegnato le dimissioni 14 febbraio del 2014, a seguito della sfiducia votata il giorno precedente dalla Direzione Nazionale del partito. Il 9 giugno 2015 ha quindi rinunciato al seggio in Parlamento, per dedicarsi all’insegnamento universitario. Poco dopo ha acquisito la direzione della Scuola di affari internazionali dell’Istituto di studi politici di Parigi.
Nella primavera 2016, Letta si è comunqie espresso a favore della riforma costituzionale proposta dal governo Renzi.