Il Governo sulla scuola ha letteralmente buttato alle ortiche due anni e mezzo: solo negli ultimi mesi si è accorto del danno creato e adesso cerca di riparare coi decreti legislativi.
A sostenerlo, in un’intervista alla Tecnica della Scuola, è l’on. Fabio Rampelli, capogruppo di Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale alla Camera.
Un anno fa, commentando i primi mesi di attuazione della Legge 107/15, il parlamentare romano ci aveva detto che chiunque attivi comportamenti arroganti nei confronti di qualsiasi categoria è giusto che paghi dazio”. Perchè “il modo con cui il provvedimento è stato portato avanti non ha previsto partecipazione, se non nella parte finale. E non ha visto recepita alcuna delle proposte sostanziali avanzate dal mondo della scuola: insegnanti, personale non docente, famiglie o studenti”.
Abbiamo risentito l’on. Rampelli a pochi giorni dall’approvazione finale, da parte del Governo, degli otto decreti legislativi della Legge 107/2015 che ne portano a compimento l’opera e ne definiscono molti aspetti sinora lasciati in sospeso.
Rampelli, il suo auspicio si è avverato?
Rimane tanta amarezza. Perché la scuola andava potenziata sulle infrastrutture e subito dopo sulle necessità quotidiane, visto che gli istituti non hanno più i soldi nemmeno per i beni primari come i gessetti, i toner e la carta. Avevamo anche bisogno di stabilizzare gli insegnanti precari con un piano assunzionale ad esaurimento, per dare loro certezze e migliorare la qualità dell’offerta formativa per studenti e famiglie. Invece, sono stati persi due anni e mezzo dietro ad un progetto impossibile e nocivo.
Ma il Governo Renzi ha realizzato anche un piano straordinario di assunzioni…
È vero, ma con quel piano ha pure escluso a priori tanti precari. Quelli abilitati nelle graduatorie d’istituto, ad esempio. Poi gli Ata e altri ancora.
È anche vero che non si potevano immettere in ruolo 200mila precari. O no?
Si poteva però prevedere un progetto di stabilizzazione a lunga scadenza. Anche su quattro-cinque anni. Durante i quali tutti i precari con titoli e che hanno operato con una certa continuità sarebbero stati assorbiti. Anche tenendo conto dei pensionamenti che vi saranno negli anni a venire. È un loro diritto, che il Governo Renzi gli ha tolto a priori.
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Parliamo del futuro della scuola: crede che con il Governo Gentiloni cambierà qualcosa?
L’impressione che ho avuto è che con sulle otto leggi delega della Buona Scuola avremo diverse novità.
Positive?
Direi di sì. Perché le audizioni dei giorni scorsi si sono svolte in un clima completamente diverso rispetto a quando siamo stati auditi prima dell’approvazione della Legge 107. In quell’occasione, ci fu una sostanziale chiusura al dialogo. Tanto è vero che la legge non ha accolto nulla di quanto espresso da noi, dai sindacati, da chi conosce la scuole e i suoi problemi. Stavolta, invece, i parlamentari delle commissioni avevano un reale atteggiamento di interesse per quanto sostenevamo.
Che cosa avete proposto?
Diverse cose. Oltre che sulle assunzioni e sul reclutamento, abbiamo chiesto di eliminare la chiamata diretta dei docenti e l’assunzione, anche a tempo determinato, sulla base si regole chiare, meritocratiche e trasparenti. Poi, servono garanzie per far tornare a casa i docenti assunti su cattedre lontanissime da casa, di assumere gli idonei dei concorsi riattivando quei posti che nel frattempo non ci sono più. Ma anche di togliere al Cineca il controllo dei concorsi a cattedra: è un consorzio che ha dimostrato gravi inefficienze e incapacità, ma che invece è stato ‘promosso’ a questo scopo. Abbiamo anche ribadito la necessità di valorizzare il territorio, creando un legame vero, non solo sulla carta, con la scuola.
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