All’indomani dell’approvazione in CdM degli otto decreti legislativi della Buona Scuola, fioccano le proteste. Anche per la riduzione del tempo scuola settimanale.
I contenuti giunti ora ad un passo dall’ok definitivo ai testi, che arriverà assieme alla firma sui decreti da parte del Capo dello Stato Sergio Mattarella, sono fortemente contestati dai Partigiani della Scuola Pubblica. Che lamentano, con questi provvedimenti legislativi, un ulteriore abbattimento del tempo scuola.
I Partigiani sostengono che denunceranno “ogni giorno le ore di lezione che i nostri ragazzi hanno perso per vendere panini al Mac Donald’s, quelle che hanno perso perché gli insegnanti non erano in servizio all’inizio dell’anno, le ore perse nei progetti inutili, ma necessari per i finanziamenti che consentono di tenere aperte le scuole”.
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Ricordano, poi, “le spese continue a cui i ragazzi sono chiamati a far fronte per accontentare i privati che come sanguisughe assediano le scuole con le loro pressanti ed inopportune richieste, i tagli alle ore di sostegno didattico agli alunni con disabilità, la privatizzazione della Scuola dell’Infanzia”.
I docenti bolognesi sono convinti che “chi è l’artefice di questo andrà avanti più possibile distruggendo quello che resta della Scuola statale: è scientifico – concludono – che per legittimare la privatizzazione dei servizi bisogna convincere che quelli pubblici sono inefficienti”.
Ricordiamo, che l’involuzione di ore di didattica frontale, anche in copresenza, hanno avuto la prima grossa “sforbiciata” a seguito della riforma Tremonti-Gelmini del 2008 (L.133/08). Successivamente, gli altri Governi non hanno mai reintrodotto quel tempo scuola perso.
C’è poi da dire che a seguito della riforma Renzi-Giannini, le ore di alternanza scuola-lavoro (introdotte anche nei licei) sarebbero da svolgere oltre l’orario didattico settimanale. Ma questo, almeno in alcuni istituti, non sempre avviene. Da qui, la protesta, lecita, dei Partigiani della Scuola Pubblica.
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