Chi scrive – e sicuramente almeno qualcuno di chi legge – ha guardato con fiducia ai decreti della Legge 107/15 ed è evidente che solo un’azione culturale competente e coraggiosa può colmare i vuoti di non conoscenza. O di insipienza ideologica. Tra questi, il Decreto zero-sei anni (clicca qui per il testo) deve essere considerato un passo importante per due ragioni: a) perché riconosce con chiarezza la pluralità dell’educazione all’interno del sistema pubblico b) perché mette in evidenza la responsabilità di ciascuno di noi, a cui non è possibile sottrarsi. A questo punto, infatti, spetta alle famiglie e alle associazioni trattare con i sindaci per accedere ai fondi, favorendo un sistema integrato senza alcuna discriminazione fra bambini.
Il 28.05.2017 da Il giornale (clicca qui per leggere) sorgeva, addirittura, spontanea la domanda: “Se alla famiglia del bambino 0-6 anni viene riconosciuta la possibilità di esercitare la propria responsabilità educativa nell’ambito del sistema integrato di educazione e istruzione, quale depotenziamento in umanità o quale cataclisma giuridico impediranno mai alla famiglia del bambino 7-14 anni di vedersi riconosciuto e di esercitare lo stesso diritto? Al compimento del settimo anno si piomba forse nel regno vegetale?” Un punto d’arrivo insperato ma anche un punto di partenza ove il Re è nudo. Il diritto di apprendere dello studente senza discriminazioni economiche, il diritto di scelta dei genitori che possano esercitare la propria responsabilità educativa in un pluralismo formativo sono o non sono per il cittadino italiano dei diritti che lo interpellano? Ormai è stato abbondantemente dimostrato che è possibile garantire la libertà di scelta educativa dei genitori in un pluralismo educativo a costo zero attraverso il costo standard di sostenibilità. Si tratta di capire se tale libertà di scelta interessa o no ai Genitori…
Sicuramente ad Arona, provincia di Novara, interessa, e molto! Quattro scuole, tre paritarie (Istituto Marcelline, Giovanni XIII, Asilo nido di Montrigiasco ) e una comunale, dopo un lavoro di sinergia hanno siglato l’accordo che, alla luce del decreto 0-6 anni, favorisce un sistema integrato. La lungimiranza del sindaco Gusmeroli, attento all’offerta formativa pluralista e ai conti – l’ideologia ha sempre un costo, Friedman ha già dimostrato che favorire il pluralismo educativo oltre ad innalzare il livello di rendimento scolastico rappresenta un risparmio – ha fatto la differenza: chi gestisce la cosa pubblica, come fa un sindaco, sa bene che non può depauperare i contributi che provengono dalla tassazione dei cittadini. Questo è un esempio di istituzioni al servizio della res-publica. Istituzioni responsabili domandano cittadini seri. Sono certa che quello di Arona non sia l’unico Comune virtuoso. Sarebbe interessante capire in quali comuni italiani si è giocata una simile azione di grande responsabilità. Infatti il decreto legislativo 0-6 anni, pubblicato il 16 maggio 2017, riafferma innanzitutto il diritto inviolabile all’educazione, che spetta a tutti i bambini senza alcuna discriminazione. (clicca qui per leggere)
Nulla di nuovo: il decreto cita testualmente la Costituzione del 1948. Ma quali passi mette in atto per garantire il diritto riconosciuto? Innanzitutto si ribadisce che, se il diritto di apprendere spetta al bambino, la responsabilità educativa è della famiglia, che difatti ha un ruolo di co-protagonista. “Diritto di apprendere” e “responsabilità educativa” implicano necessariamente – pena la contraddizione – che alla famiglia sia anche garantita la necessaria libertà di scelta formativa: «Il Sistema integrato di educazione e istruzione […] promuove la qualità dell’offerta educativa avvalendosi di personale educativo e docente con qualificazione universitaria e attraverso la formazione continua in servizio, la dimensione collegiale del lavoro e il coordinamento pedagogico territoriale». Evidentemente, se per un verso non c’è più spazio per una scuola intesa come ammortizzatore sociale, la prospettiva di una scuola di qualità, fondata sulla scelta libera di chi ne fruisce, non può essere ingabbiata nella fascia 0-6 anni… Parrebbe uno spiraglio l’affermazione che «sulla base delle richieste degli enti locali, le risorse sono erogate direttamente ai Comuni, con priorità per quelli privi o carenti di scuole statali dell’infanzia». È il Sindaco, insomma, a dover essere così lucido da accedere al fondo, favorendo, in assenza della scuola statale, le risorse territoriali (scuole pubbliche paritarie gestite dal comune o da enti privati). Altrimenti è la fine, per il Sindaco, per il Comune, per il Paese. Rebus sic stantibus, il decreto, avendo aperto e fissato uno spiraglio sull’evidenza del diritto di educare il proprio rampollo in una pluralità di scelta formativa oltre il sesto anno di età, conferma che il cittadino non può essere né distratto né assente…
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