Attualità

Decreto 36 e docente esperto, le contraddizioni delle ultime riforme della scuola che non coinvolgono i docenti

Nell’anno 2009, ai tempi della riforma della scuola della ministra Mariastella Gelmini, giravano frequentemente in rete le parole di Piero Calamandrei, che ci ricordavano come la scuola fosse un organo costituzionale.

Ci si chiede se oggi le forze politiche che sostengono di essere attente ai valori della nostra Costituzione ricordano queste parole.

Il dubbio sorge perché ci si trova spesso di fronte a riforme peggiorative del sistema scolastico oppure confusionarie.

In questo momento inoltre, una di quelle forze che dichiara di credere nei valori costituzionali, accoglie proprio la ministra Gelmini, la quale, ricordiamo, ha contribuito a rendere il sistema scolastico italiano il più povero d’Europa, quello in cui si investe la percentuale minore di PIL, quello che ha cancellato tutte le sperimentazioni d’un sol colpo senza considerare quali potessero avere avuto risultati interessanti e replicabili, quello che, malgrado le dichiarazioni relative alle tre I, Inglese Internet Impresa (visione a dir poco riduttiva dell’istruzione), ha ignorato l’importanza dell’educazione digitale, abolendo la terza ora di tecnologia nella scuola secondaria di primo grado, che veniva spesso utilizzata come ora di informatica. Oggi nella maggior parte delle scuole medie italiane non viene insegnato quasi nulla che abbia a che fare con l’informatica, tranne sporadici progetti di coding o robotica.

Tutto ciò ha prodotto difficoltà enormi durante il periodo di didattica a distanza, visto che ci troviamo di fronte studenti che non erano, e spesso ancora non sono, in grado di scrivere nemmeno una email o di aprire una cartella su un computer e che non sanno come usare un programma di video scrittura producendo un testo minimamente corretto.

Tra i ministri dell’Istruzione peraltro non si annoverano molti pedagogisti. L’attuale è un economista che si occupa anche di istruzione e che si era lamentato del fatto che, quando lui era nella commissione di esperti, l’allora ministro non aveva considerato i loro pareri, così come peraltro ha fatto lui che non ha molto considerato i pareri dell’attuale commissione di esperti, producendo alcune aberrazioni nel sistema di formazione attualmente predisposto dal decreto legge 36 del 2022 convertito dalla legge 79/2022.

Un decreto che, giustamente, propone una formazione iniziale di 60 cfu come già era il TFA prima della riforma Renzi, ma non ne corregge alcuni difetti sostanziali: il rischio di una ripetizione di esami disciplinari già sostenuti nel corso di laurea e una carenza di formazione pedagogica e didattico-metodologica, in particolare nell’ambito della didattica inclusiva.

Sarebbe stato importante inserire un pacchetto decisamente maggiore di cfu relativi alla pedagogia e alla didattica speciale, per formare insegnanti in grado di occuparsi dell’inclusione di tutti gli allievi, senza delegare questo compito ai soli insegnanti di sostegno, i quali possono fare molto, ma solo se inseriti in un sistema accogliente e inclusivo che implica quindi una solida formazione specifica anche per gli insegnanti curriculari.

Ma se il decreto 36/2022 è perfettibile, l’ultimo provvedimento, relativo al docente esperto, rasenta il ridicolo.

Inserito in un decreto che riguarda le fonti di energia (?), prevede una retribuzione maggiorata per insegnanti esperti. Un aumento retributivo riservato all’uno per cento degli insegnanti italiani e previsto tra nove anni (!) dopo un percorso formativo di cui non si sa nulla se non che deve essere garantito da una scuola di Alta Formazione di cui si sa ancora meno.

Tutto imposto dall’alto, senza il coinvolgimento degli insegnanti, quindi destinato a fallire come già successo in passato.

Ridicolo è altresì pensare che si possano prevedere aumenti retributivi fra nove anni (quando tra l’altro il valore di quella retribuzione potrebbe essere diventata insignificante) mentre è urgente agire immediatamente per contenere la dispersione scolastica e dare dignità alla scuola e agli insegnanti.

Procrastinare al 2032 presuppone peraltro che all’attuale stato dell’arte non esista nessun insegnante adeguatamente formato e quindi non si considera chi ha un’abilitazione ottenuta tramite il TFA, chi ha una specializzazione per il sostegno ad allievi con disabilità, chi ha frequentato decine e decine di corsi di aggiornamento a titolo puramente volontario per il desiderio di migliorare la propria professionalità, chi ha lauree in ambito psico pedagogico in alcuni casi magari anche aggiuntive ad un’altra laurea specifica per la materia che insegna, chi ha svolto ruoli di formatore, perché riconosciuto da dirigenti e colleghi come in grado di fornire un contributo utile e neppure chi svolge incarichi presso le università in virtù delle sue competenze professionali, ma soprattutto chi, con passione, tenacia e determinazione, quotidianamente, da decenni, fa tutto il possibile per aiutare bambini e adolescenti ad imparare ciò che servirà loro per diventare esseri umani felici, in grado di aiutare altri esseri umani ad essere felici.

Ma pare che tutto questo per i nostri decisori politici non abbia alcun valore. Occorre fare ulteriori nove anni di formazione per avere una retribuzione aggiuntiva senza peraltro alcuno sbocco professionale. Non viene infatti richiesto di svolgere funzioni aggiuntive, ignorando così l’enorme lavoro che attualmente svolgono molti collaboratori dei dirigenti, funzioni strumentali, referenti  coordinatori e tutor, che dedicano alla scuola decine e decine, quando non centinaia, di ore di lavoro aggiuntive ogni anno, senza avere un riconoscimento economico adeguato e ricevendo in alcuni casi solo compensi simbolici.

Eppure senza il loro lavoro le scuole non potrebbero funzionare, andrebbero incontro ad una paralisi per assenza di coordinamento, visto che i dirigenti scolastici già ora sono sovraccaricati da quantità di lavoro insostenibili a causa di istituti scolastici troppo grandi.

Dopo una formazione più lunga di una laurea specialistica e dottorato, non verrebbe quindi attribuito alcun ruolo associato all’aumento retributivo, mentre si continuerebbe a far lavorare le figure intermedie quasi gratis, innestando così situazioni conflittuali tra queste ultime e coloro che verrebbero pagati maggiormente senza svolgere nessuna ora di lavoro aggiuntiva.

Per svolgere questi ruoli di figure intermedie occorrerebbe inoltre prevedere una formazione specifica, che attualmente non è prevista, e che sarebbe invece estremamente importante anche per capire come gestire gruppi di lavoro e agire in un’ottica sistemica.

Una formazione analoga a quella del Corso Universitario di Aggiornamento Professionale che si sta svolgendo presso l’Università degli Studi di Torino allo scopo di formare i futuri tutor accoglienti e tutor coordinatori per il corso di specializzazione per le attività di sostegno.

Quasi nulla di ciò che viene pensato in termini di pedagogia generale, speciale e sociale, di empowerment, di costruzione collettiva del sapere, di cooperazione di democrazia partecipativa, viene preso in considerazione.

Dalla presenza di questi elementi si distingue una riforma autoritaria da una democratica, orientata alla realizzazione dei principi costituzionali.

Quando proveranno i decisori politici ad agire con metodo scientifico, tanto considerato nell’emergenza covid? Quando prenderanno in considerazione le evidenze scientifiche presenti nell’ambito delle scienze dell’educazione?

Quando verranno coinvolti gli insegnanti nell’elaborazione e nella valutazione delle riforme?

Quando verrà nominato ministro dell’istruzione un pedagogista riconosciuto come figura eminente dal mondo della pedagogia circondato da un gruppo di lavoro composto non solo da accademici ma anche da insegnanti pedagogisti operanti quotidianamente nel mondo della scuola, in modo tale da conciliare teoria e pratica?

Solo quando tutto questo succederà tutti gli studenti vivranno un’esperienza scolastica coinvolgente, vedremo ridurre drasticamente la dispersione scolastica e si realizzerà la formazione di cittadini in grado di difendere la nostra Costituzione e capaci di non essere succubi delle false notizie diffuse da persone che vituperano la cultura, gli intellettuali e i cosiddetti professoroni e conducono con esperte manovre demagogiche il nostro paese e il nostro pianeta verso il disastro.

Per evitare questo disastro occorre più pensiero basato su evidenze scientifiche, più pedagogia e più democrazia partecipativa.

Claudio Berretta

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