Il presidente dell’Associazione nazionale presidi (Anp), Antonello Giannelli, plaude ad alcune delle novità del decreto 36 sul reclutamento e la formazione docenti, attualmente in discussione al Parlamento, in vista della conversione in legge, ma è in forte dissenso con altre.
In particolare, ad essere accolte con favore sono: l’introduzione di un percorso universitario e accademico di formazione iniziale e di abilitazione che accerti la capacità dei docenti di ‘progettare percorsi didattici flessibili e adeguati alle capacità e ai talenti degli studenti da promuovere nel contesto scolastico; e la previsione che la formazione in servizio del personale docente di ruolo diventi realmente continua e obbligatoria, svolta al di fuori dell’orario di insegnamento, in prosecuzione di quella iniziale.
Nel contempo, tuttavia, il numero uno dell’Anp torna a chiedere un sistema di reclutamento veloce, che possa contare su delle procedure d’assunzione snelle, operate direttamente dal dirigente scolastico.
Basta con la gestione centralistica delle assunzioni scolastiche – chiede Giannelli – “si è sempre dimostrata fallimentare in quanto intempestiva oltre che generatrice di precariato”.
E ribadisce anche la sua posizione sulla carriera docenti, che andrebbe potenziata con le figure del middle management, cui il decreto 36 “dimentica” di fare riferimento.
“Evidenziamo ancora una volta – afferma il presidente Anp – l’assenza delle elevate professionalità e l’ancoraggio della valutazione e della valorizzazione dei docenti ai soli percorsi formativi. Il provvedimento, dunque, non fa riferimento alcuno al middle-management riducendo il processo di valorizzazione del personale docente a una mera incentivazione salariale, agganciata a percorsi formativi di durata almeno triennale”.
Peraltro, “il fatto che lo svolgimento di attività formative può essere retribuito a valere sul fondo per il miglioramento dell’offerta formativa – aggiunge Giannelli – condurrebbe inevitabilmente a un progressivo depotenziamento dell’autonomia didattica, di ricerca e di sperimentazione della singola istituzione scolastica chiamata a individuare, in base alle specifiche esigenze di contesto, le direttrici su cui impostare la propria azione formativa. In tal modo, peraltro, si esporrebbe il fondo stesso a un forte depauperamento vincolando, di fatto, una parte significativa delle risorse a favore della formazione”.
E il dissenso tocca anche il tema del precariato, di cui il decreto non si fa carico laddove i docenti cosiddetti precari debbano essere sottoposti all’obbligo di formazione universitaria.
Infine, non poteva mancare la critica all’indennità una tantum nell’ambito della formazione in servizio, per via della scelta del Governo di finanziare tale indennità con i tagli all’organico di diritto, con precedenza sull’organico per il potenziamento dell’offerta formativa.
“Si tratta di una previsione dalle conseguenze molto gravi – contesta – perché comporta un taglio consistente e progressivo dell’organico di potenziamento, evidentemente ma erroneamente concepito solo quale supporto all’attività d’aula e non anche a quelle organizzativo-gestionali di competenza del dirigente scolastico”.
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