Decreto AVA, ma non è la marca di un detersivo

Un massacro rispetto ai criteri per determinare l’erogazione e lo sviluppo della didattica, rispetto alle condizioni di lavoro e alle possibilità di ricerca dei docenti universitari, rispetto al modello multiculturale e generalista dell’ Università italiana; ma soprattutto riguardo alla possibilità di esistenza stessa delle Università pubbliche.
AVA, non è la marca di un detersivo, ma l’acronimo di Autovalutazione, Valutazione e Accreditamento del sistema universitario italiano. Si tratta di un sistema integrato che fa capo all’agenzia della valutazione Anvur che assicurerà la qualità (Aiq) dei corsi di laurea. Secondo i dettami di questo decreto gli atenei, ad esempio, per attivare una laurea triennale Dovranno disporre di 12 docenti, per una magistrale di 8, e con quei docenti si potranno accettare studenti fino un certo numero massimo, che dipende dalla classe del corso. 
Oggi il Miur ha emanato il decreto di modifica dei requisiti di accreditamento dei corsi di laurea, intervenendo sul D.M. 47/13. Il testo è stato fortemente sostenuto dalla CRUI, ed infatti contiene quasi tutte le modifiche richieste nella seduta del 21 novembre 2013. In realtà il decreto non presenta grandi novità rispetto al passato e il cambio di rotta tanto atteso non si è verificato. Due sono le modifiche sostanziali: 

1. La riduzione del 25% del numero di docenti (professori e ricercatori) "proponenti" (garanti) necessari per mantenere attivi i corsi dall’a.a. 2014/2015, modifica non sufficiente a garantire l’offerta formativa degli Atenei, già gravati da una forzosa diminuzione delle ore di didattica erogate, poiché già il precedente D.M. impone un monte ore pro capite massimo dei docenti che nella sostanza coincide col pro capite minimo della normativa previgente
2. L’inserimento del limite del 2% nell’attivazione di nuovi corsi di laurea, che di fatto impedirà agli atenei di aumentare il numero dei corsi.

Aldo Domenico Ficara

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