Una delle questioni più delicate che il recente decreto legge del 24 marzo mette in luce è quella relativa al trattamento che dovrà essere riservato ai docenti non vaccinati.
“Il personale docente ed educativo inadempiente all’obbligo vaccinale – spiega la nota ministeriale emanata nella serata del 28 marzo – potrà essere impiegato nello svolgimento di tutte le altre funzioni rientranti tra le proprie mansioni, quali, a titolo esemplificativo, le attività anche a carattere collegiale, di programmazione, progettazione, ricerca, valutazione, documentazione, aggiornamento e formazione”.
La disposizione del Ministero sembra una risposta indiretta ai sindacati che nei giorni scorsi – dopo aver letto nel decreto che i docenti non vaccinati sarebbero stati occupati in “attività di supporto” – avevano subito fatto osservare che potrebbe esserci un rischio di demansionamento del personale.
E’ probabile che il Ministero voglia evitare ogni possibile contenzioso con i sindacati anche in vista della ormai imminente apertura del tavolo contrattuale.
La formula che è stata ideata (e scritta) sembra però ispirata ad una logica di puro adempimento; cioè: visto che ai docenti non vaccinati bisogna fargli fare qualcosa, diamogli qualche impegno che escluda però contatti con gli studenti.
A noi sembra una scelta che svilisce le stesse attività elencate dal Ministero perché è come dire che programmazione, progettazione, documentazione (e altre ancora) non sono finalizzate a migliorare l’insegnamento ma servono soltanto a “far quadrare” i conti per arrivare ad un certo numero di ore settimanali di servizio in modo da giustificare l’erogazione dello stipendio.
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