Un paragrafo della nota 491 del 6 aprile 2021 affronta questioni concernenti la gestione del personale, alla luce delle novità previste dal D.L. 44/2021.
Il Ministero spiega che utili riferimenti sono rinvenibili nei siti del Dipartimento Funzione Pubblica e del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, in particolare mediante FAQ progressivamente aggiornate.
Le riportiamo di seguito.
E’ conforme a normativa che la PA non riconosca prestazioni di lavoro straordinario e permessi al lavoratore in smart working?
Si. Le amministrazioni, nel rispetto della disciplina normativa e contrattuale vigente, con riferimento allo smart working definiscono gli aspetti di tipo organizzativo e i profili attinenti al rapporto di lavoro, tra cui – fermo restando il divieto di discriminazione – la previsione dell’eventuale esclusione, per effetto della distribuzione flessibile del tempo di lavoro, di prestazioni eccedenti l’orario settimanale che diano luogo a riposi compensativi, prestazioni di lavoro straordinario, prestazioni di lavoro in turno notturno, festivo o feriale non lavorativo che determinino maggiorazioni retributive, brevi permessi o altri istituti che comportino la riduzione dell’orario giornaliero di lavoro. Il principio era già chiarito nella direttiva n. 3/2017 – “direttiva del presidente del consiglio dei ministri recante indirizzi per l’attuazione dei commi 1 e 2 dell’articolo 14 della legge 7 agosto 2015, n. 124 e linee guida contenenti regole inerenti all’organizzazione del lavoro finalizzate a promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti” – secondo la quale ciascuna PA assume le determinazioni di competenza nell’esercizio dei propri poteri datoriali. Si ritiene che tale indicazione sia valida anche nel contesto emergenziale in atto, in cui il lavoro agile rappresenta l’ordinaria modalità di svolgimento della prestazione lavorativa.
Quando possono essere fruite le giornate del congedo previsto dall’articolo 24 d.l.18/2020?
La ratio della norma contenuta nell’articolo 24 del dl 18/ 2020 é quella di prevedere ulteriori 12 giornate complessive che si aggiungono a quelle già individuate dalla normativa vigente. Le giornate complessivamente intese, compatibilmente con le esigenze organizzative della pa, possono essere fruite nei mesi di marzo e aprile.
Non si ritiene possibile convertire in permesso ex articolo 33, comma 3, della legge n. 104/1992 le assenze già effettuate nel mese di marzo 2020 – prima dell’entrata in vigore della norma in esame – utilizzando altri istituti giuridici contrattualmente previsti (congedi ordinari, permessi per motivi personali, ecc…).
L’ampliamento dell’utilizzo dei permessi per la legge 104 può essere utilizzato ” a ore”?
Tale soluzione appare compatibile con il quadro normativo vigente. Deve però evidenziarsi che l’utilizzo dei permessi ad ore appare in controtendenza rispetto all’obiettivo prioritario di limitare gli spostamenti delle persone fisiche e non funzionale, considerato che lo smart working rappresenta, nella fase emergenziale, l’ordinaria modalità di svolgimento della prestazione lavorativa. Sarebbe pertanto auspicabile che le PA incentivassero, quanto più possibile, l’utilizzo dello strumento a giornate.
Fino a quando i genitori lavoratori dipendenti del settore pubblico possono usufruire del congedo previsto dall’art. 25 del d.l. 18/2020 per i figli di età non superiore ai 12 anni?
L’istituto si applica a decorrere dal 5 marzo 2020, in conseguenza dei provvedimenti di sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, di cui al Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 marzo 2020, e per tutto il periodo della sospensione ivi prevista. Per effetto del DPCM 8 marzo 2020 è sospesa, sino al 3 aprile 2020, la frequenza delle scuole di ogni ordine e grado. Resta la possibilità di svolgimento di attività didattiche a distanza, tenendo conto, in particolare, delle specifiche esigenze degli studenti con disabilità. Il ricorso all’istituto del congedo si applica, dunque, a decorrere dal 5 marzo e sino al termine della sospensione delle attività didattiche, ossia – allo stato – sino al prossimo 3 aprile 2020.
Per ricorrere all’istituto dell’esenzione dal servizio previsto dall’articolo 87 del d.l. 18/2020, tra i presupposti, occorre verificare l’assenza delle ferie pregresse relative all’anno 2019?
Si, nonché degli altri strumenti alternativi fissati dalla norma. Per ferie pregresse si intendono quelle del 2019 o precedenti.
Per ricorrere all’istituto dell’esenzione dal servizio previsto dall’articolo 87 del d.l. 18/2020 è necessario un provvedimento unilaterale delle PA o una istanza del dipendente interessato?
Ogni PA, nell’ambito della propria autonomia organizzativa, assume determinazioni al riguardo, escludendo appesantimenti amministrativi e favorendo la celerità dell’autorizzazione. L’impianto normativo non sembra comunque presupporre che si debba procedere solo su istanza.
A chi spetta disporre l’esenzione dal servizio: a livello di responsabile di unità organizzativa, di direzione generale, di vertice amministrativo?
Si rimette alla valutazione della singola PA che, nell’ambito della propria autonomia organizzativa, assume determinazioni al riguardo. A livello di struttura ministeriale, appare opportuno individuare regole omogenee – da definirsi a cura del capo del personale ovvero a cura di altra figura di vertice amministrativo – che possono anche poi essere oggetto di attuazione da parte delle varie articolazioni organizzative.
L’esenzione dal servizio incide negativamente sull’assiduità partecipativa ai fini dell’erogazione del trattamento accessorio e della valutazione?
La risposta è no, a fronte dell’art. 87, comma 3, d.l. 18/2020 che dispone che “il periodo di esenzione dal servizio costituisce servizio prestato a tutti gli effetti di legge e l’amministrazione non corrisponde l’indennità sostitutiva di mensa, ove prevista”.
Al dirigente esentato dal servizio ai sensi dell’art. 87 d.l. 18/2020 è riconosciuta la retribuzione di posizione, parte variabile, e quella di risultato?
Si in base alla disposizione dell’art. 87, comma 3, d.l. 18/2020 che dispone che “il periodo di esenzione dal servizio costituisce servizio prestato a tutti gli effetti di legge e l’amministrazione non corrisponde l’indennità sostitutiva di mensa, ove prevista”. Tuttavia, i dirigenti svolgono una preminente funzione di coordinamento e direzione, che nella Direttiva 2/2020 del Ministro della pubblica amministrazione è stata sottolineata ed enfatizzata. Ne consegue che appare estremamente difficile, per tali figure, ipotizzare di ricorrere all’esenzione, considerato anche che le relative attività lavorative appaiono in ogni caso compatibili con lo svolgimento in modalità agile.
Lo smart working, nell’attuale situazione, è una priorità? Le amministrazioni devono adottare ogni idonea determinazione volta a favorirne la fruizione?
Si. Fino alla fine dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 il lavoro agile è costituisce la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa, è quindi necessario un ripensamento da parte delle PA rispetto alle attività che possono essere oggetto di lavoro agile, con l’obiettivo di includere anche attività originariamente escluse. Nei casi in cui non sia possibile ricorrere allo smart working le PA adottano strumenti alternativi come, ad esempio, le ferie pregresse nel rispetto della disciplina definita dalla contrattazione collettiva nazionale di lavoro.
La presenza negli uffici è limitata ai soli casi in cui la presenza fisica del dipendente sia indispensabile per lo svolgimento delle attività strettamente funzionali alla gestione dell’emergenza e delle attività indifferibili. Le amministrazioni sono tenute a garantire il rispetto di tale indicazione, anche al fine del prioritario interesse alla tutela della salute del personale dipendente.
E’ necessario un atto formale tipizzato di autorizzazione allo smart working da parte della PA?
No. Per garantire la massima applicazione dello smart working, le PA prevedono modalità semplificate e temporanee di accesso a tale modalità di lavoro, escludendo appesantimenti amministrativi, e favorendo la celerità dell’autorizzazione (ad. es. ricorso a scambio di mail con il dipendente per il riconoscimento dello smart working piuttosto che predisposizione di moduli da compilare o adozione di provvedimenti amministrativi).
E’ necessaria una reportistica giornaliera dei risultati raggiunti dal lavoratore in smart working?
Non è escluso che le PA, nell’esercizio dei propri poteri datoriali, possano prevedere una reportistica giornaliera sugli obiettivi raggiunti dal lavoratore agile. E’ comunque possibile, nell’ambito dell’autonomia di ciascuna amministrazione, ricorrere a schede o documenti di sintesi degli obiettivi raggiunti dal lavoratore agile con riferimento a periodi temporali più estesi.
Si può derogare all’accordo individuale, agli obblighi informativi e alla comunicazione relative all’assicurazione obbligatoria per gli infortuni e le malattie professionali?
Si. Secondo le misure previste in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 le PA assicurano lo svolgimento in via ordinaria delle prestazioni lavorative in forma agile, anche in deroga agli accordi individuali e agli obblighi informativi di cui agli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81. Le pubbliche amministrazioni, quindi, possono derogare all’accordo individuale (art. 18 l. 81/2017), all’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro (art. 22 l. 81/2017) e alle comunicazioni relative all’assicurazione obbligatoria per gli infortuni e le malattie professionali (art. 23 l. 81/2017).
Le attività indifferibili devono essere svolte necessariamente in presenza?
No. La Direttiva n. 2/2020 del Ministro per la pubblica amministrazione chiarisce che le attività indifferibili possono essere svolte sia nella sede di lavoro, anche solo per alcune giornate, quando il dipendente fa parte del contingente minimo posto a presidio dell’ufficio, sia con modalità agile.
Il periodo di prova del dipendente assunto dalla PA può essere svolto in smart working?
Si. Il periodo di prova non è incompatibile con lo smart working che, fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-2019, è la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa. Ai fini del compimento del periodo di prova, infatti, si tiene conto del servizio effettivamente prestato che, nel caso dello smart working, è svolto in modalità agile.
Le PA garantiscono che i dipendenti in smart working non subiscano penalizzazioni ai fini del riconoscimento di professionalità e della progressione di carriera (art. 14 legge 124/2015).
Il personale in smart working ha diritto al buono pasto?
No. Le amministrazioni, nel rispetto della disciplina normativa e contrattuale vigente, con riferimento allo smart working definiscono gli aspetti di tipo organizzativo e i profili attinenti al rapporto di lavoro, tra cui gli eventuali riflessi sull’attribuzione del buono pasto.Ciascuna PA, dunque, assume le determinazioni di competenza sull’attribuzione del buono pasto ai dipendenti in smart working, previo confronto con le organizzazioni sindacali.
Qualora la PA non individui le attività indifferibili da svolgere in presenza, il lavoratore è automaticamente autorizzato a non presentarsi al lavoro in attesa che gli venga attribuita l’attività da svolgere in smart working?
Ciascuna PA è responsabile della gestione del proprio personale e dell’applicazione delle misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, tra cui l’obbligo di individuazione delle attività indifferibili e le attività strettamente funzionali alla gestione dell’emergenza. In ossequio a tale obbligo le amministrazioni devono individuare, sia pur con comunicazione semplificata, le modalità con cui i dipendenti dovranno rendere la prestazione lavorativa e da ciò ne discende che il singolo dipendente non può ritenersi automaticamente autorizzato a non presentarsi al lavoro.
Il lavoratore, in attesa che l’amministrazione provveda a fornire il supporto tecnologico adeguato per il ricorso allo smart working, può essere esentato dal servizio come stabilito dall’art. 87, comma 3 del D.L. 18/2020?
La prestazione lavorativa in lavoro agile può essere svolta anche attraverso strumenti informatici nella disponibilità del dipendente qualora non siano forniti dall’amministrazione (art. 87, comma 2, D.L. 18/2020).Ove non sia possibile ricorrere al lavoro agile le amministrazioni possono motivatamente esentare il personale dipendente dal servizio solo a seguito dell’utilizzo di strumenti alternativi: ferie pregresse, congedo, banca ore, rotazione e altri analoghi istituti, nel rispetto della contrattazione collettiva (art. 87, comma 3, D.L. 18/2020).
E’ possibile attivare iniziative di aggiornamento e di formazione in modalità agile?
Si. È possibile promuovere percorsi informativi e formativi in modalità agile che non escludano i lavoratori dal contesto lavorativo e dai processi di gestione dell’emergenza.
È necessario che il dipendente inoltri specifica richiesta per accedere allo smart working?
No. Il lavoro agile è la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle PA per cui il datore di lavoro è parte attiva nel proporre il ricorso dell’istituto ai propri lavoratori. Per garantire la massima applicazione dello smart working, le PA prevedono modalità semplificate e temporanee di accesso alla misura, escludendo appesantimenti amministrativi, e favorendo la celerità dell’autorizzazione (ad. es. ricorso a scambio di mail con il dipendente per il riconoscimento dello smart working piuttosto che predisposizione di moduli da compilare o adozione di provvedimenti amministrativi).
La PA può chiedere la presenza in sede “a rotazione” al personale che già svolge la prestazione lavorativa in smart working?
Si. Le attività indifferibili e quelle strettamente funzionali alla gestione dell’emergenza possono essere svolte attraverso lo smart working e mediante la presenza del personale sul luogo di lavoro. Le PA, nell’ambito delle predette attività, individuano quelle che possono essere svolte in smart working, come modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa, e quelle che richiedono necessariamente la presenza sul luogo di lavoro, adottando forme di rotazione dei dipendenti per garantire un contingente minimo di personale da porre a presidio di ciascun ufficio.
La rotazione dei dipendenti per garantire la presenza di un presidio presso gli uffici può essere garantita anche in alternanza allo smart working.
Le attività da rendere in presenza possono essere attivate dal cittadino su appuntamento telefonico?
Si. Nella direttiva n. 2/2020 del Ministro per la pubblica amministrazione si evidenzia che le attività di ricevimento del pubblico o di erogazione diretta dei servizi al pubblico, fermo restando quanto detto nella stessa direttiva relativamente alle attività indifferibili, sono prioritariamente garantite con modalità telematica o comunque con modalità tali da escludere o limitare la presenza fisica negli uffici (ad es. appuntamento telefonico o assistenza virtuale). Nei casi in cui il servizio non possa essere reso con le predette modalità, gli accessi nei suddetti uffici devono essere scaglionati, anche mediante prenotazioni di appuntamenti, e deve essere assicurata la frequente areazione dei locali. Le amministrazioni curano che venga effettuata un’accurata disinfezione delle superfici e degli ambienti e che sia mantenuta un’adeguata distanza (c.d. distanza droplet) tra gli operatori pubblici e l’utenza.
SMART WORKING: COMUNICAZIONE
Come vanno eseguite le comunicazioni di smart working nel periodo in cui è stato dichiarato lo stato di emergenza?
Ai sensi dell’art. 19 del D.L. 31 dicembre 2020, n. 183 (c.d. Decreto Milleproroghe), convertito con modificazioni in Legge 26 febbraio 2021, n. 21, il termine per l’utilizzo della procedura semplificata di comunicazione dello smart working di cui all’art. 90, commi 3 e 4, del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni in L. 17 luglio 2020, n. 77, è prorogato fino al 30 aprile 2021.
È, pertanto, utilizzabile la procedura semplificata già in uso (per la quale non è necessario allegare alcun accordo con il lavoratore), con modulistica resa disponibile dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (Template per comunicare l’elenco dei lavoratori coinvolti).
Resta inalterato l’applicativo informatico da utilizzare per l’invio della comunicazione.
Nella comunicazione “massiva” semplificata adottata per la situazione emergenziale, i datori di lavoro del settore privato devono indicare la fine del periodo di svolgimento della prestazione in modalità smart working?
Sì, ai sensi dell’art. 90 del Decreto Legge n. 34 del 19 maggio 2020, fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, i datori di lavoro del settore privato devono comunicare al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, in via telematica, i nominativi dei lavoratori e la data di cessazione della prestazione di lavoro in modalità agile, ricorrendo alla documentazione resa disponibile sul sito.
Nel caso di comunicazioni già inviate, ciò può essere eseguito modificando lo stesso file utilizzato per la comunicazione “massiva semplificata”, qualora fosse stata utilizzata tale modalità di comunicazione, oppure procedendo con una comunicazione “massiva” o singola di modifica, qualora fosse stata utilizzata la procedura già disponibile prima dell’insorgere della pandemia.
CONGEDO STRAORDINARIO PER GENITORI CON FIGLI IN DAD O CON DISABILITÀ GRAVE
Sono un lavoratore dipendente, a mio figlio è stata sospesa la didattica in presenza, ho diritto al congedo speciale?
Sì, ai sensi dell’art. 22 bis, comma 1, del D.L. n. 137/2020, convertito con modificazioni in L. 18 dicembre 2020, n. 176, limitatamente alle aree caratterizzate da uno scenario di massima gravità e da un livello di rischio alto, come individuate con ordinanze del Ministro della Salute, i lavoratori dipendenti con figli a cui è stata sospesa la didattica in presenza, nelle scuole secondarie di primo grado, possono astenersi dal lavoro per l’intera durata della sospensione, nelle sole ipotesi in cui la prestazione lavorativa non possa essere svolta in smart working. Il congedo è riconosciuto alternativamente ad entrambi i genitori e per tale periodo è dovuta, in luogo della retribuzione, un’indennità pari al 50% della retribuzione stessa. Si segnala la Circolare dell’INPS n. 2/2021 con le istruzioni operative.
Sono un lavoratore dipendente, a mio figlio con disabilità grave è stata sospesa la didattica in presenza o è stato chiuso il centro assistenziale, ho diritto al congedo speciale?
Sì, ai sensi dell’art. 22 bis, comma 3, del D.L. n. 137/2020, convertito con modificazioni in L. 18 dicembre 2020, n. 176, indipendentemente dallo scenario di gravità e dal livello di rischio in cui è inserita la Regione dove è ubicata la scuola o il centro di assistenza, i lavoratori dipendenti con figli con disabilità in situazione di gravità (accertata ai sensi dell’art. 4, comma 1, della L. n. 104/1992), iscritti a scuole di ogni ordine e grado o ospitati in centri diurni a carattere assistenziale per i quali sia stata sospesa la didattica in presenza o sia stata disposta la chiusura, possono astenersi dal lavoro nelle sole ipotesi in cui la prestazione lavorativa non possa essere svolta in smart working. Il congedo è riconosciuto alternativamente ad entrambi i genitori e per tale periodo è dovuta, in luogo della retribuzione, un’indennità pari al 50% della retribuzione stessa. Si segnala la Circolare dell’INPS n. 2/2021 con le istruzioni operative.
FORMAZIONE IN MATERIA DI SALUTE E SICUREZZA
Nei casi in cui non sia possibile attivare modalità di videoconferenza sincrona per lo svolgimento della formazione obbligatoria in materia di salute e sicurezza sul lavoro, oppure quando deve essere svolta la parte pratica dei corsi obbligatori, a quali condizioni è possibile realizzare specifiche attività formative in presenza?
Come già chiarito da questo Ministero, la formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro riveste carattere di particolare importanza, anche in relazione a specifici obblighi previsti dalla normativa di settore.
Pertanto, con la ripresa delle attività produttive, nei casi in cui non vi siano oggettivamente le condizioni per attivare modalità in videoconferenza sincrona per svolgere la formazione obbligatoria in materia di salute e sicurezza sul lavoro, ovvero quando sia necessario svolgere sessioni obbligatorie pratiche dei corsi di formazione, è possibile svolgere attività formativa in presenza, a condizione che siano adottate idonee misure di contenimento del rischio di contagio, quali ad esempio:
Tali indicazioni trovano altresì applicazione per la formazione obbligatoria in materia di salute e sicurezza rivolta alle figure della prevenzione. Anche in tali casi rimane da preferire, in questa fase, la modalità a distanza di “videoconferenza in modalità sincrona” anziché la formazione “in presenza”, fatta eccezione per i moduli formativi che espressamente prevedono l’addestramento pratico, come per gli addetti al primo soccorso in azienda.
Anche in questi casi, che richiedono lo svolgimento di attività formative “in presenza”, sarà necessario il pieno rispetto di tutte le misure di contenimento del rischio indicate in precedenza.
Tali indicazioni sono state confermate dal Comitato Tecnico Scientifico operante presso il Dipartimento della Protezione Civile, che – nella riunione del 28 maggio 2020 – si è espresso su uno specifico quesito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con il parere allegato.
In questo periodo di emergenza da COVID-19, in considerazione delle difficoltà operative determinate dalle misure di contenimento, è possibile posticipare tutta la formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro o solo l’aggiornamento?
No. Infatti, il DPCM 14 gennaio 2021, articolo 1 (Misure urgenti di contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale), comma 10, lett. s), in relazione alla formazione in materia di salute e sicurezza prevede che “sono altresì consentiti […] i corsi di formazione da effettuarsi in materia di salute e sicurezza, nonché l’attività formativa in presenza, ove necessaria, nell’ambito di tirocini, stage e attività di laboratorio, a condizione che siano rispettate le misure di cui al «Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARSCoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione» pubblicato dall’INAIL”.
Occorre precisare che le disposizioni del citato DPCM 14 gennaio 2021 confermano l’impianto già delineato con analoghi precedenti provvedimenti emergenziali.
Nel caso in cui non sia possibile svolgere l’attività formativa in videoconferenza o nel caso in cui debba essere svolta la parte pratica dei corsi di formazione è possibile erogare la formazione in presenza?
In considerazione della situazione eccezionale, le modalità di erogazione della formazione a distanza rimangono da preferire.
Tuttavia, si ritiene possibile erogare formazione in presenza, inclusa la parte pratica dei corsi, se le condizioni logistiche ed organizzative adottate dal soggetto responsabile delle attività formative siano in grado di assicurare il pieno rispetto di tutte le misure di prevenzione e contenimento del contagio individuate per la gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.
In questo periodo di emergenza da COVID-19, in considerazione delle difficoltà operative determinate dalle misure di contenimento, in caso di impossibilità a effettuare l’aggiornamento della formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro è possibile proseguire lo svolgimento dell’attività lavorativa? Inoltre, al fine di poter ugualmente svolgere la formazione prevista, è possibile utilizzare modalità di formazione a distanza invece che in aula?
In considerazione della situazione eccezionale, caratterizzata dalle misure di contenimento per evitare e prevenire il contagio da COVID-19, in coerenza con il principio introdotto dall’articolo 103, comma 2, del Decreto-legge n. 18 del 2020 si ritiene che la mancata effettuazione dell’aggiornamento non preclude lo svolgimento dell’attività lavorativa.
Fermo restando, naturalmente, l’obbligo di completare l’aggiornamento subito dopo la fase emergenziale.
Inoltre, al fine di contemperare l’esigenza del contenimento delle attività con il necessario aggiornamento delle competenze in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, si ritiene ammissibile, in via temporanea, lo svolgimento delle attività formative in videoconferenza esclusivamente con modalità sincrona, ad esclusione della parte pratica dei corsi, in modo da garantire la verifica delle presenze dei soggetti da formare e la piena interazione tra questi ultimi e i docenti (ad esempio assicurando la condivisone del materiale didattico, la possibilità di formulare domande, etc.).
VERIFICHE PERIODICHE
In considerazione delle misure di contenimento adottate per la gestione dell’emergenza sanitaria, è possibile differire l’effettuazione delle verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro, secondo quanto previsto dall’articolo 103, comma 2, del Decreto-legge n. 18 del 17 marzo 2020?
No. Il principio contenuto all’articolo 103, comma 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 non può essere esteso alle verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro di cui all’articolo 71, comma 11, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni.
Infatti, la disposizione introdotta in via eccezionale dal predetto articolo 103, comma 2, non contempla anche gli atti relativi ad attività di verifica rilasciati da soggetti privati. E ciò anche al fine di scongiurare che la mancata effettuazione delle verifiche delle attrezzature di lavoro possa comportare la messa in pericolo di beni e di interessi di primaria importanza, come la salute e la sicurezza dei luoghi di lavoro.
PROVVEDIMENTI DI CONTENIMENTO E ASSENZA DEI LAVORATORI
L‘assenza dei lavoratori dovuta al rispetto dei provvedimenti di contenimento e di divieto di allontanamento dal proprio territorio, anche se adottati dai Presidenti delle Regioni interessate, può essere equiparata alla malattia?
Sì. In caso di lavoratori che non abbiano potuto assicurare la regolare presenza per il rispetto di provvedimenti di contenimento e di divieto di allontanamento dal proprio territorio, anche quando siano stati adottati dai Presidenti delle Regioni interessate dal contagio, l’assenza dei medesimi è equiparata a malattia, ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento e non è computabile ai fini del periodo di comporto, in applicazione del principio contenuto all’articolo 26, comma 1, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 e senza necessità di produrre certificazione medica.
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