Decreto reclutamento e formazione, arrivano gli emendamenti. 60 Cfu solo dopo la laurea
Il tanto contestato decreto 36/2022con le misure relative al reclutamento e alla formazione docenti, assegnato alle commissioni riunite 1ª (Affari Costituzionali) e 7ª (Istruzione pubblica, beni culturali) al Senato, in vista della conversione in legge, inizia a raccogliere attorno a sé le prime proposte di modifica.
Per i docenti precari che hanno svolto almeno tre anni scolastici di servizio negli ultimi 10 (non negli ultimi 5) chiediamo una riserva dei posti destinati ai percorsi formativi abilitanti pari al 30% di quelli attivati per ogni anno accademico di riferimento. Una misura a regime che si ripetete ogni anno, con regolarità e garantisce ai precari la possibilità di accedere alla formazione abilitante, in maniera da non essere superati nelle GPS dai neolaureati che si abilitano.
Erogare opportune risorse a copertura dei costi dei corsi di formazione iniziale abilitante: è sbagliato scaricare i costi della formazione su precari e laureati, la formazione deve essere pagata dallo stato o quantomeno i costi delle tasse devono essere proporzionali al reddito. Si tratta di una misura di equità sociale e di responsabilizzare le istituzioni rispetto alla formazione dei futuri docenti.
Per i docenti che abbiano maturato almeno 3 anni di esperienza nella scuola statale la prova concorsuale per l’accesso al ruolo deve essere una progettazione didattica, ovvero un’unità didattica o un’unità di apprendimento. Bisogna evitare un sistema selettivo iper nozionistico e favorire la possibilità di dimostrare le competenze professionali, metodologiche e didattiche, acquisite con l’esperienza e con la formazione abilitante.
Eliminare il test finale nell’anno di formazione e prova, che risulta una prova ridondante, considerato che il docente arriva a questo percorso dopo aver superato il percorso abilitante e le prove concorsuali. Rimane in piedi la valutazione del Dirigente scolastico e del comitato di valutazione, tenuto conto dell’istruttoria del tutor.
Prevedere che l’accesso ai 60 CFU avvenga all’indomani della laurea magistrale in maniera da garantire un percorso formativo organico e strutturato, che rispetti la propedeuticità dei passaggi che vi sono previsti, dallo studio della pedagogia, alle metodologie, al tirocinio. Immaginare che uno studente al 2 anno entri a scuola a fare il tirocinio significa mettere uno studente in cattedra, quando le sue competenze disciplinari non sono affatto adeguate al profilo docenti che deve ricoprire. Inoltre l’accesso ai corsi dal triennio favorirà le università telematiche, che erogano i CFU on line.
In analogia con quanto previsto dal DM 616 del 10 agosto 2017 che ha limitato, almeno parzialmente, il ricorso all’acquisizione dei 24 CFU con modalità telematiche, al fine di salvaguardare la qualità dei percorsi formativi abilitanti alla professione docente è opportuno evitare che i crediti della formazione siano acquisiti mediante modalità telematiche. Le professioni che godono di riconoscimento sociale, come ad esempio quelle sanitarie, sono caratterizzate da formazione professionale e il tirocinio di alta qualità, lo stesso deve avvenire nella scuola. Il valore sociale dell’insegnamento parte dalla qualità della formazione in ingresso.
Le risorse per il pagamento del tutor del tirocinio e della formazione in ingresso non vanno sottratte dalla card docente, ma vanno trovate in appositi finanziamenti del bilancio dello stato.
Nella prova orale del concorso bisogna eliminare il test attitudinale, che non è uno strumento congruo a verificare l’attitudine all’insegnamento. Inoltre le capacità professionali del docenti sono oggetto di opportuna valutazione da parte del tutor e del dirigente scolastico nel percorso dell’anno di formazione e prova.