In un precedente articolo abbiamo illustrato alcuni aspetti del decreto “formazione”: ossia del D.L. 30 aprile 2022, n. 36, sul quale circola ben poca informazione. Abbiamo scritto che tale decreto obbligherà i docenti a seguire molte decine di ore di corsi di “formazione” imposti dall’alto, limitando la libertà — garantita dalla Costituzione — di insegnamento, mediante il tentativo di far assimilare agli insegnanti un pensiero pedagogico unico. Come facciamo a sostenerlo? Ce lo siamo forse inventato? Per togliere ogni dubbio ai nostri lettori, proviamo ad analizzare nel dettaglio quanto scritto nel decreto-legge.
Art. 44, “Formazione iniziale e continua dei docenti delle scuole secondarie”, lettera h) a): la “Scuola di Alta Formazione del sistema nazionale pubblico di istruzione“ «promuove e coordina la formazione in servizio dei docenti di ruolo, in coerenza e continuità con la formazione iniziale di cui all’articolo 2-bis nel rispetto dei principi del pluralismo e dell’autonomia didattica del docente». Ciò è chiaramente scritto nell’ambito dei compiti della Scuola di Alta Formazione. La quale (comma 2) si serve delle indicazioni dell’INDIRE e dell’INVALSI, ed «è dotata di autonomia amministrativa e contabile». Quindi questi uffici, che sono stati creati mediante leggi della Repubblica, e che stanno valutando (quasi fossero enti privati) le risultanze degli studenti, ora formeranno i docenti. Il fine, dunque, è quello di controllarne la formazione (che diventa una sorta di formazione di Stato).
Art.45, “Valorizzazione del personale docente”: lega la formazione dei docenti all’incentivazione stipendiale. Lettera b): «nelle more dell’aggiornamento contrattuale, una quota pari al 10 per cento dello stanziamento annuale previsto al comma 592 è riservato alla valorizzazione del personale docente che garantisca l’interesse dei propri alunni e studenti alla continuità didattica (…) e con decreto del Ministro dell’istruzione, da adottare entro il 30 giugno 2022, sono stabiliti i criteri per l’attribuzione delle suddette risorse, che tengono conto almeno degli anni di permanenza del docente nella stessa istituzione scolastica e della residenza o domicilio abituale in luogo diverso da quello in cui ha sede l’istituzione scolastica.»
Basterà aggiornarsi per avere l’aumento? Niente affatto. I docenti verranno anche valutati dal Comitato di valutazione interno alle scuole, in base al Piano di miglioramento (PdM), al Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF), al Rapporto di AutoValutazione (RAV)
Art. 44, comma 4: «Le verifiche intermedie e quella finale sono effettuate dal comitato per la valutazione dei docenti di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e, in particolare, nella verifica finale il comitato viene integrato da un dirigente tecnico o da un dirigente scolastico di un altro istituto scolastico». Comma 5: «Al fine di dare attuazione al riconoscimento dell’elemento retributivo una tantum di carattere accessorio di cui al precedente comma, e’ istituito un Fondo per l’incentivo alla formazione», di cui vengono elencate le dotazioni anno per anno fino al 2031. E ancora: «Il riconoscimento dell’elemento retributivo una tantum di carattere accessorio, nel limite di spesa di cui al precedente periodo, e’ rivolto ai docenti di ruolo che hanno svolto ore aggiuntive non remunerate con le risorse del fondo per il miglioramento dell’offerta formativa e che abbiano conseguito una valutazione individuale positiva secondo gli indicatori di performance di cui al comma precedente» (e quindi in base alla verifica del Comitato di valutazione).
Sono previste sanzioni per quei docenti che non ottemperassero, del tutto o in parte, all’obbligo di formazione secondo i dettami del decreto-legge?
Bisognerà vedere come si evolverà normativamente la questione del “codice etico”. Per il momento possiamo solo riportare quanto previsto dall’art. 4 del DL (“Aggiornamento dei codici di comportamento e formazione in tema di etica pubblica”), che fissa norme su cosa i docenti (in quanto pubblici dipendenti) possono dire circa la pubblica amministrazione: «Il codice contiene, altresì, una sezione dedicata al corretto utilizzo delle tecnologie informatiche e dei mezzi di informazione e social media da parte dei dipendenti pubblici, anche al fine di tutelare l’immagine della pubblica amministrazione». Significa che i docenti non potranno esprimere pareri negativi in proposito sui social media. In un prossimo articolo analizzeremo meglio la questione.
Le firme di questo ennesimo bel regalo ai docenti (con disposizioni relative all’impiego del PNRR) sono di Mattarella e di Draghi, nonché dei ministri Franco (economia e finanze), Bianchi (istruzione), Brunetta (pubblica amministrazione), Colao (innovazione tecnologica e transizione digitale), Carfagna (Sud e coesione territoriale), Cingolani (transizione ecologica), Cartabia (giustizia), Messa (università e ricerca), Garavaglia (turismo), Orlando (lavoro e politiche sociali), Giorgetti (sviluppo economico), Bonetti (pari opportunità e famiglia), Speranza (salute), Giovannini (infrastrutture e mobilità sostenibile), Gelmini (affari regionali e autonomie).
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