La conversione in legge del decreto 36 si fa adesso più difficile: l’esito dello sciopero potrebbe infatti indurre il Governo e il Ministro in particolare a rivedere le posizioni non del tutto accomodanti mantenute finora.
Secondo l’ultimo dato diffuso dal Dipartimento della Funzione Pubblica l’adesione sfiorerebbe il 16%, un dato che, forse, va persino oltre le aspettative delle stesse organizzazioni sindacali.
Più complessa appare invece la vicenda contrattuale dal momento che reperire risorse aggiuntive per poter andare molto al di là dei 100-105 euro di aumento lordo non sarà scontato.
Forse i sindacati potranno ottenere che i 300 milioni stanziati con la legge di bilancio 2022 vengano usati per incrementare lo stipendi di tutti i docenti senza ricorrere a meccanismi di premialità che non hanno mai entusiasmato il mondo della scuola.
Ma su questo punto è bene aspettare fino alla prossima settimana in quanto l’Aran ha convocato le parti proprio per il giorno 7 giugno e in quella circostanza vedremo se ci sarà qualche novità significativa.
Per quanto concerne il decreto 36, come abbiamo già detto, questa settimana non sono previste sedute delle Commissioni del Senato che stanno esaminando il provvedimento: i lavori dovrebbero riprendere martedì 7 con l’avvio dell’esame dei 300 emendamenti presentati sui 4 articoli dedicati alla scuola (44, 45, 46 e 47).
I sindacati stanno puntando ad ottenere misure che possano consentire l’immissione in ruolo del maggior numero possibile di precari storici sia sui posti comuni sia su quelli di sostegno.
Gran parte dello “scontro” politico si giocherà sulla questione dei percorsi abilitanti, mentre è ormai quasi sicuro che le prove “a crocette” saranno eliminate.
Dopo il risultato dello sciopero odierno potrebbe perdere terreno l’ipotesi (per il momento ben sostenuta dal Ministro e dall’intero Governo) di introdurre norme in materia di formazione obbligatoria e incentivata. Una possibile soluzione, già presente in diversi emendamenti presentati da senatori del PD (e non solo), di demandare la concreta applicazione della norma alla contrattazione collettiva. Una ipotesi del genere non avrebbe costi particolari per l’Amministrazione ma potrebbe essere considerata una “vittoria” da parte dei sindacati.