Come ha già riferito il nostro direttore Alessandro Giuliani, il decreto reclutamento fa discutere non solo tra le sigle sindacali ma anche tra le parti politiche. In particolare, una delle maggiori novità riguarderebbe la carta docente, cui si darebbe lo stop in funzione di altre modalità formative, ancora in parte da definire, visto che il decreto reclutamento, lo ricordiamo, è solo una bozza e stenta ad approdare in Gazzetta Ufficiale, a dispetto dell’approvazione in Consiglio dei ministri lo scorso 21 aprile.
A cosa verrebbero destinate le risorse della carta docente? Alla formazione legata all’incentivo economico e alla formazione obbligatoria in orario di servizio per tutti sulle competenze digitali, secondo quanto riferisce anche il sindacato di Francesco Sinopoli, Flc Cgil. Risorse che allo stato attuale ammonterebbero a poco più di 80 milioni di euro, ma che dovrebbero crescere quando il budget della carta docenti dovesse entrare a regime.
Le ore aggiuntive settimanali sarebbero invece finanziate dal MOF.
Su questo assetto di cose, Flc Cgil contesta: “Un meccanismo non universale che utilizza risorse già della scuola, quelle della card docente e quelle del MOF. Come a dire: togliamo risorse già destinate a tutta la platea docenti per darli ad una platea ristretta“.
Cosa c’è di certo? Ancora nulla. Come dicevamo in apertura, il decreto deve ancora approdare in G.U. e anche qualora questo avvenisse a breve, nel percorso verso la conversione in legge, il decreto potrebbe subire delle modifiche, di emendamento in emendamento, o potrebbe addirittura decadere in toto se la politica si mettesse di traverso.
La fine della carta docente
Perché la fine della carta docente? Probabilmente a spingere nella direzione dello stop alla carta docente sono state le pronunce dei tribunali degli ultimi mesi che hanno favorito quei docenti precari che negli anni non avevano mai potuto attingere alla carta docente e che adesso, in virtù di sentenze a loro favorevoli, potrebbero essere rimborsati dal ministero dell’Istruzione. Insomma l’estensione della carta docente anche ai precari probabilmente rappresenterebbe un costo non sostenibile per il ministero dell’Istruzione, tale che diventano preferibili altri strumenti e altre modalità formative per i docenti, alternativi alla famosa card.
Ricordiamo infatti che il Consiglio di Stato ha aperto un varco alla possibilità per i docenti precari di religione cattolica – ma il principio vale per tutti i docenti precari – di ottenere anch’essi, come tutto il restante personale di ruolo, la c.d. Carta elettronica del valore di 500 euro annui.