La fine del Governo Conte avrà certamente ripercussioni sulle prossime scelte in materia di politica scolastica, sia che la legislatura si chiuda qui con il ritorno al voto sia che si formi un nuovo Governo sostenuto da un’altra maggioranza.
Fare previsioni precise in questo momento è difficile, se non addirittura impossibile, ma alcuni punti fermi si possono mettere.
Un dato pressoché sicuro è che, a questo punto, il decreto salvaprecari deve essere ormai considerato carta straccia o poco più, anche se il Ministro spera ancora di riuscire a condurre in porto l’operazione.
A inizio agosto, infatti, il decreto era stato approvato dal Consiglio dei Ministri con la formula “salvo intese”, cioè con la clausola che il provvedimento venisse successivamente sottoscritto da tutti i Ministri. Ma, come è noto, il M5S, o almeno una parte non secondaria di esso, aveva subito detto che considerava le misure contenute nel decreto come l’ennesima sanatoria che avrebbe peggiorato la qualità del sistema scolastico.
Date le premesse è del tutto evidente a questo punto non potrà esserci nessuna intesa fra Lega e M5S, con il risultato che il decreto non sarà neppure pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.
Quindi non ci saranno nè PAS nè concorso riservato, almeno nell’immediato; poi – a seconda della nuova maggioranza che si formerà – si dovrà mettere a punto un nuovo testo condiviso dalle forze politiche prenderanno le redini del Paese. Ci vorrà però un po’ di tempo, ed è molto difficile che se ne possa parlare prima di ottobre.
Da ambienti Miur si fa tuttavia osservare che il decreto è il risultato di un accordo fra il Presidente Conte e le organizzazioni sindacali e, se non venisse convertito in legge, la protesta dei sindacati sarebbe inevitabile. Detto in altri termini, la Lega che ha fortemente voluto il provvedimento non esiterebbe a dare man forte ai sindacati. Insomma la situazione si complicherebbe non poco.
E questo è solo il problema più immediato e più serio che dovrà essere risolto.
Ma poi arriveranno altri nodi al pettine: per esempio in Parlamento non si è ancora concluso l’iter legislativo del ddl per la cancellazione della chiamata diretta e appare davvero improbabile che a questo punto il PD, se dovesse entrare a far parte del prossimo Governo, dia il via libera ad un provvedimento che cancella una delle misure “bandiera” della legge 107.
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