Il disegno di legge sulla funzionalità del sistema scolastico “passa” al Senato con il voto di fiducia, fra proteste e polemiche.
Le opposizioni non hanno dubbi: il voto di fiducia rappresenta uno schiaffo non solo al Senato e ai senatori della Repubblica ma alla stessa democrazia.
In effetti per oltre un mese le commissioni del Senato (Cultura e Bilancio in particolare) hanno lavorato per limare il testo del decreto del Governo e per aggiungere altre disposizioni su questioni emerse nel corso del dibattito.
Ma alla fine tutto si risolve con un voto dell’aula sul maxi-emendamento proposto dal Governo.
“E’ vero – ha fatto osservare nel corso del dibattito il senatore Marcucci, presidente della Commissione Cultura – ma è anche altrettanto vero che in realtà il maxi-emendamento rappresenta e riassume tutto il lavoro che i senatori hanno svolto nelle settimane precedenti”.
In realtà non è proprio così perchè alcune disposizioni inserite nel provvedimento sono state solo sfiorate in Commissione (per esempio la revisione dei criteri per il calcolo Isee per le famiglie con persone disabili); altre non sono neppure state toccate: la più curiosa è quella che riguarda l’adeguamento della normativa di accesso alle professioni regolamentate per agrotecnici, geometri, periti agrari e periti industriali.
A conti fatti rispetto al testo originario, che riguardava solo la Scuola sperimentale Gran Sasso e la proroga del progetto “Scuole belle”, le novità sono numerose: contributi alle scuole paritarie che accolgono alunni con disabilità, incremento dei compensi per i commissari del concorso a cattedre, estensione della card di 500 euro ai giovani con permesso di soggiorno, disposizioni sui docenti di scuola dell’infanzia e altre ancora.
L’iter del provvedimento non è però concluso perchè il disegno di legge deve passare ancora alla Camera dove è probabile che il dibattito nelle Commissioni possa iniziare martedì 17. I tempi però sono terribilmente stretti perchè il voto finale deve arrivare imporogabilmente il 29 maggio.
E quindi appare ormai scontato che anche alla Camera si ripeterà il rito, poco gradito alle opposizioni, del voto di fiducia.