C’è un dato importante, sinora poco evidenziato, sul decreto scuola che salverebbe una bella fetta di precari storici della scuola: si tratta del fatto che per una volta le organizzazioni sindacali maggiori sono pienamente d’accordo con il ministro, eppure il provvedimento rimane rischio di mancata ratificazione finale. Anche perché appare difficile, se non impossibile, che le modifiche reclamate dai “grillini”, orientate a realizzare una maggiore selezione dei partecipanti a Pas e concorsi riservati, per favorire il merito, possano essere realizzate dopo il via libera, seppure “salvo intese”, del CdM.
Nemmeno i diretti interessati lo nascondono. Giovedì 8 agosto lo hanno ribadito i sindacati. Prima con una nota congiunta, firmata da Francesco Sinopoli, Flc-Cgil, Maddalena Gissi, Cisl Scuola, Giuseppe Turi, Uil Scuola Rua, Elvira Serafini, Snals Confsal e Rino Di Meglio, Gilda Unams nella quale hanno scritto che “un concreto passo avanti è stato fatto, ora è necessario che il decreto venga pubblicato e approvato in tempi brevi, senza cambiamenti sostanziali, e includendo anche la previsione di un concorso riservato ai facenti funzioni DSGA, in coerenza con i contenuti dell’intesa”.
Dopo aver detto che la posizione contraria del M5S “appare connotata in senso ideologico, i leader sindacali hanno ricordato che si dimentica che “i destinatari delle misure scaturite dal confronto sindacati Miur sono persone che hanno già maturato nelle nostre scuole una consistente esperienza di lavoro, è grazie a loro se si sono potute svolgere le attività didattiche in decine di migliaia di classi, il che avrebbe reso possibile anche il riscontro di eventuali impreparazioni o incompetenze”.
Anche dalle singole sigle giungono segnali in questa direzione: “Le soluzioni riprese nel testo del decreto sui precari varato dal CdM di mercoledì 6 agosto, frutto di un confronto approfondito tra sindacati e Miur al tavolo tematico sul reclutamento, tengono conto sia della necessità di assicurare un adeguato livello di qualità professionale di chi accede all’insegnamento, sia del doveroso riconoscimento del servizio prestato dai precari con giusto equilibrio fra le tante e spesso contrastanti aspettative del precariato stesso”, ha tenuto a dire Maddalena Gissi, segretaria generale Cisl Scuola.
“Quelle individuate sono soluzioni – rileva la sindacalista – che rispondono in modo equo ed efficace alle esigenze di stabilizzazione del precariato nella scuola, offrendo nel contempo e più in generale opportunità per chi vuole intraprendere percorsi di crescita lavorativa”.
Per la segretaria generale della Cisl Scuola, “se proprio si vuole trovare un limite alle misure previste, è il loro carattere transitorio, mentre un efficace contrasto alla precarietà, valorizzando il lavoro, andrebbe affidato a soluzioni strutturali”.
A ricordare l’accordo Miur-sindacati è stato anche lo stesso titolare del Miur: “E’ decisamente falso che il Ministro Marco Bussetti abbia preso alcun impegno a modificare il testo presentato. Al contrario, sia nelle riunioni preparatorie svoltesi a Palazzo Chigi, sia durante il CdM di ieri sera, il Ministro ha sempre evidenziato che il testo del decreto non può subire modifiche di sorta poiché è stato condiviso con tutte le organizzazioni sindacali rappresentative del comparto scuola”.
Ad opporsi in modo netto all’accordo è il Movimento 5 Stelle. I motivi li ha spiegati alla Tecnica della Scuola la senatrice pentasellata Bianca Laura Granato, parlando di “un anno di lavoro portato avanti dal MIUR con orientamento contraddittorio e con scarsi confronti con il ministro”, accusandolo di non essere più “uomo di Stato il Ministro”, ma “uomo di partito”, perché avrebbe “attuato una manovra per dirottare i consensi di alcuni insegnanti sulla Lega, secondo il cliché ormai noto che vede la scuola come serbatoio elettorale”.
Le accuse verso Bussetti, di cui si chiede la testa, sono pesantissime, perché “un ministero così importante non può mettere a soqquadro il sistema di reclutamento come se non ci fosse un domani, senza per giunta convergenza con il partner di governo a cui deve chiedere il voto in commissione e nelle aule parlamentari”.
L’impressione, quindi, è che la rottura tra i due partiti di maggioranza, almeno sul fronte scuola, stavolta possa essere insanabile. Soprattutto perché i provvedimenti non sono più condivisi: un “particolare” non da poco, se si pensa che il partito a non essere più considerato dal ministro dell’Istruzione è quello che ad oggi mantiene ancora la netta maggioranza di voti.
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