Sono diventate sintetiche ed essenziali le dichiarazioni di Lorenzo Fioramonti: il giorno dopo la notizia delle sue probabili dimissioni dal dicastero dell’istruzione, addirittura forse prima di Natale, il responsabile del Miur non ha potuto fare meno di intervenire sull’approvazione di quel decreto sulla scuola chi si trascinava dall’inizio di agosto, quando l’allora Consiglio dei Ministri giallo verde lo approvò con l’insolita formula del “salva intese”.
Da quel via libera sono passati solo alcuni mesi ma sembrano anni; soprattutto è cambiato l’esecutivo e sono cambiati i presupposti che hanno dato vita al decreto rinnovato.
Con Fioramonti, infatti, i sindacati hanno stipulato un nuovo accordo, all’inizio di ottobre. Solo che diversi di quei punti non hanno avuto seguito: manca all’appello la soluzione legislativa per i reintrodurre i corsi abilitanti, ma anche per salvare i diplomati magistrali, gli amministrativi facenti funzione Dsga, i precari storici di religione cattolica e molto altro ancora.
Ma manca anche la verve nelle parole dello stesso Fioramonti, che nel frattempo sembra non avere smentito né confermato la fuga di notizie sulle sue dimissioni dal Miur, a seguito della delusione cocente per non aver portato a casa, dalla legge di bilancio 2020, i tre miliardi indicati come soglia minima per produrre un serio progetto di rilancio dell’istruzione e dell’università pubblica.
Il ministro, dopo avere prodotto per mesi idee go go (la tassa sulle merendine e l’obolo sui voli aerei per finanziare la scuola, un sistema d’istruzione stile Finlandia, solo per citarne alcuni, ben illustrate in una lunga intervista alla Tecnica della Scuola), si limita ora a produrre un commento generico, quasi di prassi, su un pacchetto di provvedimenti sul quale fino a qualche settimana fa diceva di tenere tantissimo.
“La scuola, l’università e la ricerca – dichiara il ministro dell’istruzione la stessa giornata dell’approvazione del decreto salva precari – devono tornare al centro della politica, anche economica, di un Paese. Con l’approvazione del decreto scuola, finalmente Legge, facciamo un passo in avanti per ridurre il precariato e far ripartire l’economia della conoscenza”, chiosa Fioramonti.
Lorenzo Fioramonti quindi parla solo di “un passo in avanti”: sa bene che non è il caso di utilizzare toni troppo entusiastici per un decreto che – oltre ad avere infervorato sindacati ed opposizione politica – alla fine scontenta tante categorie di lavoratori. Ancora di più se a breve, come continuano a sostenere diversi rumors, dovesse passare la mano.
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