L’iter parlamentare del decreto scuola è ormai legato strettamente ai tempi a disposizione per la conversione in legge del provvedimento (tutto si dovrà concludere entro il 29 dicembre).
Per il momento il decreto, con numerose modifiche rispetto al testo originario, ha incassato il voto favorevole della Camera.
Nella settimana che si sta concludendo è iniziato il percorso nella Commissione Cultura del Senato dove l’opposizione, e soprattutto Mario Pittoni della Lega, ha presentato molti emendamenti con la speranza di farne approvare qualcuno in modo da rendere necessario un nuovo passaggio alla Camera.
Ma il tempo è davvero tiranno: intanto la Commissione Bilancio del Senato non ha ancora espresso il proprio parere, parere senza il quale la Commissione Cultura non può concludere il proprio lavoro.
A questo punto, le ipotesi sono due: fra lunedì e martedì la Commissione Cultura approva uno o più emendamenti e fra mercoledì e giovedì l’aula del Senato dà il via libera (eventualmente con il voto di fiducia, per evitare di dover riesaminare emendamenti non approvati in Commissione); oppure (altra ipotesi) il testo arriva in aula senza modifiche, e cioè nella versione già approvata alla Camera.
In questo secondo caso, prima di Natale il decreto verrà trasformato definitivamente in legge, mentre nel primo caso si dovrà ritornare alla Camera, ma – tenuto conto del calendario – resterebbero solo due giorni (venerdì 27 e sabato 28) per concludere l’operazione.
C’è però da ricordare che è molto probabile che nelle stesse due giornate alla Camera si dovrà anche esaminare la legge di bilancio e certamente la maggioranza farà di tutto per evitare questo ingorgo.
Il senatore Mario Pittoni della Lega fa però osservare che al di là di questi tecnicismi c’è un problema di volontà politica della maggioranza che, a suo dire, dovrebbe rendersi conto che il provvedimento, così come è ora, scontenta l’intera platea dei precari: “La prossima settimana in Senato – afferma Pittoni – M5S e PD hanno l’occasione per limitare i danni che si sono autoinflitti con l’approvazione in prima lettura alla Camera del decreto Scuola. I nostri emendamenti offrono pezze importanti per rendere meno indigesto un testo che da ‘salva precari’ si è trasformato in ‘ammazza precari’, con conseguente presa di distanza generale, a partire dai principali sindacati di settore per i quali era stato pensato”.
“I motivi di insoddisfazione – spiega Pittoni – sono più di uno per esempio non c’è più alcun percorso specifico per il conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento dedicato a docenti in possesso di adeguata esperienza professionale, così come non c’è traccia del corso di specializzazione per l’insegnamento di sostegno e neppure dei percorsi per conseguire l’abilitazione”.
E ancora: non si parla di un vero concorso riservato per gli insegnanti di religione, in attesa di entrare in ruolo anche da più di vent’anni e non viene affrontata in modo adeguato l’emergenza delle scuole prive di DSGA e non si corrisponde agli impegni presi in merito ai cosiddetti DSGA facenti funzione”.
Per rispondere alle richieste che in queste settimane sono arrivate da più parti del mondo della scuola, Pittoni ha predisposto un bel pacchetto di proposte di modifica che molto difficilmente potranno essere accolte.
Ma sa nei prossimi mesi – come molti osservatori prevedono – ci dovesse essere un cambio di Governo, una nuova maggioranza a guida Lega potrebbe rivedere nuovamente il decreto nella direzione voluta da Pittoni e dagli stessi sindacati.
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