I commenti sul “decreto semplificazioni” che stanno circolando in rete in queste ore si basano in larga misura su un paio di comunicati ufficiali (uno del Governo relativo alla seduta del Consiglio dei Ministri del 27 gennaio e uno dell’ufficio stampa del Miur) e sul testo di alcuni articoli del decreto, ampiamente ufficioso e provvisorio, disponibile già da qualche giorno.
Un’analisi precisa e puntuale dell’operazione potrà quindi essere svolta solo quando si conoscerà il testo definitivo del provvedimento anche perché, almeno in questo momento, le parole del comunicato appaiono non del tutto in sintonia con il testo ufficioso del decreto.
I tre punti che più di altri sarà necessario approfondire e chiarire riguardano gli aspetti finanziari della “autonomia responsabile”, le reti di scuole e l’organico funzionale.
Buona l’idea del fondo unico da assegnare alle scuole senza vincolo di destinazione, ma se sui bilanci delle istituzioni scolastiche continueranno a gravare le spese per le supplenze la situazione complessiva delle finanze delle scuole non potrà che peggiorare. D’altra parte basta osservare i bilanci delle scuole per rendersene conto: attualmente istituzione scolastica vanta mediamente un credito di 70-80mila euro nei confronti del Ministero; con il passare degli anni, infatti, le scuole hanno “anticipato” i soldi necessari al pagamento delle supplenze facendo ricorso a risorse proprie. Questo meccanismo perverso è iniziato esattamente nel 2007 e cioè proprio quando vennero introdotte per la prima volta dal ministro Fioroni e dal sottosegretario Bastico le regole sui “capitoloni”.
Promuovere e sostenere la cultura delle reti di scuola è ottima cosa, ma forse sarebbe bene ricordare che già ora esiste una norma ben precisa che consentirebbe di valorizzare le risorse umane delle scuole.
Il 3° comma dell’articolo 7 del Regolamento sull’autonomia, parlando degli accordi di rete, così recita: “L’accordo può prevedere lo scambio temporaneo di docenti, che liberamente vi consentono, fra le istituzioni che partecipano alla rete i cui docenti abbiano uno stato giuridico omogeneo. I docenti che accettano di essere impegnati in progetti che prevedono lo scambio rinunciano al trasferimento per la durata del loro impegno nei progetti stessi, con le modalità stabilite in sede di contrattazione collettiva”.
Ovviamente, manco a dirlo, nessun contratto sulla mobilità dal 1998 ad oggi ha mai previsto norme applicative: l’immobilismo dell’apparato si è saldato con le resistenze dei sindacati con il risultato di dare vita ad un’autonomia sotto tutela.
Infine c’è la questione dell’organico funzionale sulla quale bisognerà davvero aspettare le disposizioni applicative per capire se davvero servirà a migliorare il funzionamento delle scuole.
Ma, soprattutto, bisognerà capire da dove verranno ricavate le risorse per finanziarlo, visto che la bozza del provvedimento parla chiaramente di “invarianza di spesa”.
L’ipotesi più probabile è che i tagli di organico previsti per il 2012/2013
(nella primaria, per esempio, l’effetto “trascinamento” delle norme contenute nell’articolo 64 della legge 133) potrebbero essere utilizzati proprio per creare una prima base di dotazione organica funzionale.
E forse anche gli stessi risparmi derivanti dal dimensionamento delle istituzioni scolastiche potrebbero servire allo scopo.
Ma, per ora, è ancora presto per fare previsioni precise.
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