Decreto sviluppo, il no ai deputati da parte di precari e studenti

Ora i deputati della Camera non potranno certo dire che le decisioni prese dal Governo sul fronte dell’istruzione sono chieste in primis dalla “base” del mondo scolastico: il 31 maggio alcune delegazioni dei precari e degli studenti hanno infatti esposto a chiare lettere tutte le loro perplessità su un impianto riformatore, ribadito con il recente Decreto Legge n.70 del 13/05/2011, più noto come “decreto sviluppo”, contenente un lungo articolo, il 9, interamente dedicato alla scuola, troppo incentrato sul risparmio delle spese e praticamente assente sul lato didattico-pedagogico. I Cip, in particolare, hanno consegnato un documento, attraverso cui esprimono “una serie di circostanziate riserve, osservazioni e proposte”. Per quanto riguarda la parte del provvedimento più a loro vicina, quella del personale docente precario, hanno spiegato che “le disposizioni non garantiscano né l’attesa assunzione a tempo indeterminato né la auspicata continuità didattica e men che mai l’innalzamento dello standard di qualità dell’offerta scolastica statale”.
Entrando nello specifico, i Comitati insegnanti precari “ritengono che lo slittamento al 31 agosto non assicurerà il corretto avvio dell’anno scolastico e arrecherà ulteriore disagio a quanti, in attesa di nuova nomina o mobilità, sono per questo costretti a cambiare sede di lavoro e, spesso, anche domicilio”. Negativo anche il giudizio sulla nuova cadenza triennale di rinnovo delle graduatorie ad esaurimento: ritengono l’aumento di un anno “penalizzante e, in certe situazioni, eccessivamente vincolante, specie in relazione alla scelta di una solo provincia che ha, di fatto, reintrodotto la disciplina vigente nel 2007”. Critiche pure al comma 21 della Legge 70: quello che impone ai neoimmessi in ruolo una permanenza di 5 anni nella provincia di titolarità e il divieto di avvalersi, per lo stesso periodo, dell’assegnazione provvisoria. I Cip tagliano corto: “la restrizione non serve a garantire la continuità didattica ma a scoraggiare lo spostamento in altra provincia. Tant’è che il vincolo non riguarda la cattedra ricoperta ma la provincia. Ciò sottintende che l’amministrazione ha facoltà di dirottare il docente su qualunque posto disponibile, mentre il lavoratore sarebbe confinato in quella provincia, quali che siano le sue legittime aspettative personali, familiari e professionali”.
La “ricetta” dei precari per ridare dignità e incisività all’istituzione scolastica, oltre che “decoro e sicurezza a chi vi lavora”, è quindi quella di cambiare approccio verso la pubblica amministrazione: “occorre che sia indenne dal livore e non sia spinta da belluina furia distruttiva verso la scuola statale e, men che mai dall’accanimento preconcetto nei confronti della categoria degli insegnanti, precari e non”.
A chiedere un cambiamento di rotta sono anche gli studenti, che dopo aver ricordato il nuovo taglio di 23 milioni di euro al fondo per il diritto allo studio, si sono scagliati sui fondi che il Governo dirotterà nei confronti dei più bravi attraverso la costituzione della Fondazione per il merito: “ci avevano promesso – ha detto al termine dell’audizione Michele Orezzi, il nuovo coordinatore nazionale Udu – che il fondo per il merito non avrebbe avuto finanziamenti pubblici ma avrebbe attinto solo da fondi privati, invece metà dei fondi per il diritto allo studio previsti per l’anno prossimo vengono destinati proprio a questo. Ma il vero merito è andare a colmare il divario delle differenze sociali ed economiche tra gli studenti”.
Anche Luca Spadon, portavoce nazionale Link, ha contestato “la volontà del Governo di costituire una Fondazione di diritto privato che dovrebbe in futuro basare il proprio funzionamento su capitali privati”. Inoltre, ha chiesto di eliminare “la possibilità per le Regioni di vincolare un 10% delle borse di studio ai residenti nella stessa”, come già indicato dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che aveva sollevato profili di incostituzionalità: “ci sembra molto grave che il Governo continui a portare avanti posizioni contrarie all’articolo 34 della costituzione e che andranno a creare disparità tra gli studenti. Un domani uno studente pugliese venuto a studiare in Piemonte – ha concluso il rappresentante Link – potrebbe vedersi negata la borsa di studio pur avendo diritto per il solo fatto di non essere piemontese”.

 

Alessandro Giuliani

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