Il livello di tensione tra i precari della scuola per le ultime restrizione intraprese dal Governo, attraverso il Decreto Sviluppo, sta crescendo di giorno in giorno. Il 22 giugno, mentre il premier Silvio Berlusconi informava i parlamentari dell’ultimo piano di attuazione, mirato a ridurre le spese ed incrementare i servizi, davanti Montecitorio si registravano degli scontri tra forze dell’ordine e manifestazioni, in prevalenza aderenti ai Cobas (anche se sembra che a far alzare la temperatura siano stati alcuni infiltrati dei centri sociali): prima i manifestanti – in presidio permanente da sabato scorso – si erano prodotti in lanci di uova, ortaggi, libri, anche di una bomba carta, contro la polizia; successivamente, mentre venivano spinti a fatica in un punto meno centrale del piazzale antistante la Camera, hanno inneggiato a lungo lo slogan “dimissioni, dimissioni…”.
Alle proteste dei precari sono seguite quelle dell’opposizione. Secondo Cesare Damiano, capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, “ancora una volta siamo davanti ad una beffa nei confronti dei lavoratori che, dopo aver subito il disagio di lunghi periodi di lavoro precario, si vedono esclusi dalla possibilità di avere un lavoro stabile”. Contrariato anche Antonio Di Pietro, leader dell’Italia dei Valori, secondo cui siamo di fronte “all`ennesima coltellata per i precari della scuola. L`art. 9, comma 18 – ha proseguito Di Pietro – esclude il comparto scuola dall`applicazione della direttiva europea per la tutela dei precari. Il Governo ha cancellato questa tutela per 65mila precari della scuola. Questa norma basterà a vanificare ogni possibile intervento della magistratura in difesa dei diritti dei lavoratori precari della scuola. Il ministro Brunetta potrà continuare a insultarli, definendo la ‘parte peggiore di questo paese’ proprio chi, spesso con enorme sacrificio, permette alla scuola di andare avanti e per questo andrebbe invece ringraziato”.
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