Dopo l’incontro tra le forze della maggioranza di governo, ulteriori novità per il Def, propedeutico alla Legge di Stabilità del 2019.
Occorre completare il lavoro sulla nota che deve essere trasmessa alle Camere.
I tempi sono stretti, visto che il voto sulle risoluzioni nei due rami del Parlamento è previsto per mercoledì 10 ottobre, cinque giorni prima dell’invio alla Commissione europea del documento programmatico di bilancio che costituisce l’ossatura della manovra.
Novità per quanto riguarda l’abolizione della Legge Fornero, una delle norme inserite nel contratto di governo M5S-Lega.
“Sull’abolizione della Fornero – ha spiegato il vice-premier Matteo Salvini a Radio Radicale – l’investimento varia tra i 7 e gli 8 miliardi a seconda di quanti sceglieranno di andare in pensione nel 2019. Abbiamo scelto di non fare penalizzazioni e di non mettere paletti, come limiti di reddito. La Fornero è stata una legge ingiusta – ha ribadito – e va abolita”.
La riforma del sistema di pensioni fa parte del decreto legge Salva Italia varato dal governo Monti a fine 2011.
In particolare la riforma impone il sistema di calcolo contributivo nella costruzione della pensione di tutti i lavoratori, anche per coloro che – in ragione di un’altra riforma, quella del governo Dini nel 1995 – stavano costruendo la propria pensione con il più sistema retributivo.
La pensione viene così calcolata in base ai versamenti effettuati dal lavoratore e non agli ultimi stipendi percepiti.
Allo stesso modo la riforma Fornero ha innalzato l’età pensionistica di uomini e donne, stabilendo i requisiti per la “pensione di vecchiaia” (in base all’età anagrafica): minimo 20 anni di contribuzione e 66 anni di età per donne del pubblico impiego e uomini (Pa e privati), 62 anni per donne del settore privato (poi 66 anni e 3 mesi nel 2018), 63 anni e 6 mesi per donne lavoratrici autonome (che diventeranno gradualmente 66 anni e 3 mesi nel 2018).
Uno dei più famosi effetti collaterali della Legge Fornero è quello degli “esodati”, cioè i lavoratori che avevano sottoscritto accordi aziendali o di categoria che prevedevano il pensionamento di vecchiaia anticipato rispetto ai requisiti richiesti in precedenza.
Complice l’innalzamento dell’età del pensionamento essi sono rimasti senza più stipendio e senza ancora pensione, per diverso. Un caso sui cui è intervenuto successivamente il governo per garantire una via d’uscita.
Più che quota 100, sarebbe meglio chiamarla quota 38: sono gli anni di contributi che il governo ha deciso di chiedere ai lavoratori che dal 2019 vorranno lasciare anticipatamente il lavoro a partire dai 62 anni di età.
Come già segnalato da La Tecnica della Scuola, quello che l’attuale governo giallo-verde considera l’avvio della controriforma Fornero, costerà il primo anno circa 8 miliardi di euro: a beneficiarne saranno oltre 400 mila lavoratori.
Di questi, un’ampia fetta sarà costituita da insegnanti. Di tutti i cicli.
Perché potrebbero avvantaggiarsene i maestri della scuola dell’infanzia e della primaria in larghissima parte donne, almeno quelli che hanno iniziato a lavorare poco dopo il conseguimento del diploma; ma a fruire dell’anticipo pensionistico con soglia minima di contributi posta a 38 anni, sarebbero anche molti professori laureati della secondaria, i quali si farebbero valere gli anni di studio all’università attraverso il riscatto oneroso (la cui entità varia a seconda dell’anno di presentazione della richiesta).
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