Categorie: Politica scolastica

Deleghe L.107/15, Giuliani: perché temporeggiare 18 mesi e poi decidere tutto in pochi giorni?

Sulle deleghe della Buona Scuola si doveva e poteva fare meglio: ridursi all’ultimo giorno, dopo tanta attesa, non è un bel segnale.

A dirlo è stato Alessandro Giuliani, direttore della Tecnica della Scuola, nel corso della rubrica radiofonica settimanale “L’angolo del direttore”, andata in onda lunedì 16 gennaio su Radio Cusano Campus, dedicata per intero ai decreti delegati della L. 107/15 approvati sabato scorso in via preliminare dal Consiglio dei ministri.

“Abbiamo atteso un anno e mezzo per avere dei testi provvisori approvati solo l’ultimo giorno utile – ha detto Giuliani – per decidere su riforme importanti, come il reclutamento, il sostegno, la formazione precedente alla primaria: ora, in poche settimane, si chiede ai parlamentari delle commissioni di competenza di verificarne la fattibilità, anche attraverso un lungo elenco di audizioni con le tante parti interessate a dire la loro. Il tutto dovrà avvenire entro 60 giorni, a partire dal quando i testi dei provvedimenti saranno consegnati ai presidenti delle Commissioni parlamentari”.

“Viene che chiedersi per quale motivo, trattandosi di bozze da migliorare, non si siano state approvate prima dal Governo Renzi, magari nello scorso autunno: in questo modo si sarebbero potute trattare le tante novità in arrivo con i tempi dovuti. Invece, così il confronto rischia di rivelarsi più formale che reale”.

Secondo il nostro direttore, infatti, c’è il timore fondato che “scaduti i 60 giorni, lo sorti finali per dei pezzi importanti della nostra scuola, delle riforme fondamentali attese da decenni, vengano decise direttamente dal Governo. Che a quel punto, in primavera, entro metà aprile, avrà piena facoltà di dire l’ultima parola, decidendo, sempre in pochissimi giorni, come crederà meglio. Con inevitabili ripercussioni politiche, visto che chi governa il Paese si andrà ad assumere una responsabilità non indifferente”.

Durante la trasmissione si è anche entrati nel merito delle singole deleghe, toccando i suoi punti salienti, sempre in attesa di prendere visione del testo approvato sabato in CdM.

 

Per quel che concerne il nuovo reclutamento, i futuri docenti dovranno obbligatoriamente vincere il concorso e successivamente svolgere un triennio di formazione a stipendio ridotto. Una fase transitoria si prevede invece a tutela dei tanti abilitati ancora oggi precari.

Sulla riforma del sostegno, i punti più rilevanti riguardano la possibilità di differenziare l’approccio e la comunicazione alle varie disabilità. In tal modo, avremo diverse tipologie di docenti di sostegno, a seconda del tipo di disabilità. Il testo prevede anche di incrementare l’obbligo di permanenza sul sostegno prima di chiedere l’eventuale ritorno su disciplina curricolare: al 99 per cento si porterà da 5 a 10 anni. E questo creerà diverse polemiche. Sul sostegno, comunque, ricordiamo che è stato pubblicato già un pre-bando a fine 2016 per assegnare circa 5.600 specializzazioni attraverso un altro ciclo di TFA.

Gli istituti professionali, in base alla delega, entrando un Rete con i centri di formazione professionale gestiti dalle Regioni, diventano più incentrati sulla versante tecnico-pratico: si potrebbe trattare di un primo passo verso la regionalizzazione di questi istituti oggi statali, di sicuro sempre più sganciati dagli istituti tecnici.

Sulla riforma del percorso 0-6 anni, oltre ad alzare il livello dei titoli di studio (come la laurea per le educatrici degli asili nido), si prospetta un incremento di istituti scolastici statali, oggi mancanti in diverse aree del Paese.

Per il diritto allo studio, si prospetta il potenziamento delle borse di studio legate non solo allo stato di indigenza familiare (legato all’Isee), ma anche al merito. E questo ci pare un fatto decisamente positivo ed in controtendenza.

Sulla cultura umanistica, l’obiettivo è quello di coordinare una serie di istituzioni che sino ad oggi hanno camminato sulle loro gambe.

 

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Sul riordino delle scuole all’estero abbiamo informazioni contrastanti: da una parte c’è il Miur che ci parla di incremento di 50 posti e di maggiori fondi; dall’altra ci sono i sindacalisti, come Angelo Luongo, della Uil Scuola che ha rilasciato una seguitissima intervista alla Tecnica della Scuola, che paventa una riduzione di stipendio del 20 per cento e dell’incremento a 24 dell’orario settimanale di docenza. Quest’ultima è un’eventualità a cui i docenti di medie e superiori, che svolgono 18 ore settimanali di lezioni frontali, sono molto sensibili: era stata posta qualche anno fa dall’ex ministro Francesco Profumo e poi rimessa nel cassetto ‘a furor di popolo’.

Negli ultimi anni, c’è da dire che le scuole all’estero si sono ridotte fortemente: più che razionalizzare le spese, pensiamo fosse fondamentale incrementare il loro livello qualitativo.

A proposito dei nuovi Esami di Stato, per quanto riguarda la maturità, è sicuro l’addio al cosiddetto “quizzone”, che ha determinato negli anni diverse polemiche per le troppo differenti prove allestite dalle singole commissioni. Arriva la prova Invalsi, che varrà per l’accesso. E anche la valutazione delle ore di alternanza scuola-lavoro svolte nel triennio finale, anche dei licei.

Anche per l’esame di licenza media, si va verso una riduzione delle prove, con quella Invalsi che diventa propedeutica. Sulla valutazione degli alunni, infine, l’indicazione che arriva è quella di ridurre al massimo le bocciature, preludio spesso nella secondaria all’abbandono scolastico la cui percentuale ancora troppo alta rispetta alla media Ue.

Redazione

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