È di questi giorni la notizia dell’emanazione decreti legislativi attuativi della riforma della Buona Scuola, la Legge 107/2015.
Di particolare interesse è lo “schema di decreto legislativo recante norme sulla promozione della cultura umanistica sulla valorizzazione del patrimonio e delle produzioni culturali e sul sostegno della creatività“.
I principi fondamentali enunciati ovvero la promozione dello studio della conoscenza della pratica delle arti con particolare riferimento alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio culturale, sono assolutamente condivisibili e riprendono enunciazioni di principio già espresse in testi normativi precedenti.
Sono particolarmente interessanti l’articolo 14 (licei musicali e coreutici) e articolo 15 (armonizzazione dei percorsi formativi della filiera artistico musicale).
Finalmente dopo ben 7 anni l’argomento dei licei musicali viene ripreso in un testo di legge considerando che l’unica disposizione avente valore normativo di un certo peso sui licei musicali risale al decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 89
(Regolamento recante revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei).
In questi anni si sono succeduti diversi “spezzatini” sui licei musicali, a base di contratti sulle utilizzazioni e disposizioni sulle supplenze che hanno generato una situazione di assoluta discrasia nel settore.
Ora, il decreto legislativo cerca di portare forse un po’ di chiarezza sull’argomento.
L’articolo 14 (licei musicali e coreutici) fornisce l’indicazione di poter rimodulare il monte orario complessivo del secondo biennio dell’ultimo anno per offrire agli studenti la possibilità di scelta tra diversi insegnamenti: questa possibilità, in parte già prevista dalla previgente norma sulla autonomia scolastica e organizzativa, evidentemente cerca di correggere diverse criticità che sono scaturite da squilibri tra le discipline e che sono stati oggetto in questi anni di dibattiti tra i docenti.
Il comma 2 dello stesso articolo 14 tenta di affrontare il problema della distribuzione delle specificità strumentali e suggerisce la presenza di almeno otto cattedre di strumenti diversi e non più di tre cattedre dello stesso strumento: si tratta di un punto importante in quanto non fissando limitazioni al numero di cattedre, evita che possa esaurirsi quella flessibilità che ha contraddistinto il successo dei licei musicali.
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Si tratta di una indicazione flessibile in quanto prevedendo la necessità di non generare esuberi di personale, è implicitamente riconosciuta la possibilità della esistenza anche di più di tre cattedre dello stesso strumento.
L’articolo 15 (armonizzazione dei percorsi formativi della filiera artistico musicale) cerca di analizzare lo spinoso problema dovuto alla esistenza di una fascia di studi collimanti tra i licei musicali e i corsi pre-accademici presenti nei conservatori.
L’enunciazione che “la formazione musicale di base è assicurata entro gli ordinamenti del sistema nazionale di istruzione dalle scuole secondarie di primo grado indirizzo musicale nei licei musicali” è doverosa e rassicurante e affonda le proprie radici in principi ribaditi anche da un documento del 2001 di un gruppo di lavoro ministeriale presieduto dall’ex direttore del Conservatorio di Milano Guido Salvetti.
Il tentativo di definire requisiti formativi validi a livello nazionale per l’accesso ai licei musicali e coreutici sezione musicale è assolutamente doveroso stante l’assoluta frammentazione dei livelli di competenze che costringono molto spesso a riferirsi ai programmi dei Conservatori di vecchio ordinamento che erano validi a livello nazionale.
Il comma 3 recita che gli istituti superiori di studi musicali (ovvero il settore di alta formazione artistico e musicale e anche soggetti non statali con specifici requisiti) possono attivare limitatamente ai corsi attivati autorizzati dal Ministero, corsi propedeutici nell’ambito della formazione ricorrenteper la preparazione alle prove per l’accesso ai corsi di studio accademici di primo livello.
L’articolo 15 poi illustra che le attività propedeutiche devono definire requisiti d’accesso per ciascuna tipologia di corso propedeutico in considerazione di talenti musicali, modalità di attivazione, durata massima dei corsi propedeutici, criteri per regolare l’accesso a tali attività anche da parte di studenti frequentanti istituzioni scolastiche a indirizzo musicale, criteri per stipula di convenzioni, confluenza degli studenti dei corsi preaccademici in quelli propedeutici.
Si tratta di una norma, sviluppata da precedenti normative ( legge di riforma dei conservatori 508/99 e dpr n. 212 del 2005) che interviene per cercare di regolare la variegata situazione dei corsi preaccademici nei conservatori che, essendo istituzioni di livello universitario, non dovrebbero teoricamente prevedere corsi strutturati per segmenti formativi inferiori in diretto concorso con gli ambiti propri delle scuole ad indirizzo musicale e dei licei musicali, appena prima evocati nel testo del decreto.
Appare necessaria, come prevede il testo, una maggiore armonizzazione tra i segmenti della formazione musicale di base e l’alta formazione musicale verso la costruzione del migliore percorso di curricolo verticale, che è stato oggetto di specifiche iniziative da parte della Rete Nazionele dei Licei Musicali e Coreutici.
La “compresenza” e il sovrapporsi di percorsi formativi di base tra conservatori e licei musicali è un problema da affrontare con azioni di integrazione e complementarietà.
D’altronde il Conservatorio nel passato si occupava a pieno titolo della formazione musicale dai primi anni sino al diploma e una rivisitazione e rimodoluazione delle finalità dei corsi pre-accademici verso una soluzione di carattere progettuale e non più a sistema, è auspicabile.
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L’indicazione che “i corsi propedeutici professionalizzanti sono finalizzati alla preparazione alle prove di accesso ai corsi di studio accademici di primo livello” potrebbe in una prima lettura denotare una sfiducia nelle capacità dei licei musicali di provvedere in questo senso: a mio avviso è una sollecitazione nei confronti di realtà scolastiche liceali che ancora non si sono attrezzate alla corrispondenza di livelli tra fine del quinquennio liceale e requisiti di accesso ai trienni di primo livello.
Indubbiamente, la precisazione è legata anche alla necessità di provvedere a iniziative formative complementari nei confronti della natura di carattere liceale e non esclusivamente professionalizzante dei nuovi licei musicali.
La precisazione che i curriculum dei licei musicali debbono armonizzarsi ai requisiti di accesso ai corsi accademici di primo livello, serve soprattutto a garantire che ci possa essere una continuità di curricolo verticale tra segmenti di studio precedenti e successivi, cosa che già avviene in moltissime realtà.
I conservatori rappresentavano un insieme omogeneo in termine di programmi e livelli quando esisteva il vecchio ordinamento degli studi con programmi nazionali che erano validi in tutti i conservatori e istituti musicali della Repubblica: da quando i conservatori hanno raggiunto l’autonomia didattica propria delle università la situazione è frammentaria.
Come sarà possibile quindi stabilire livelli di competenza e repertori universalmente accettati e praticati conservando l’autonomia didattica e organizzativi dei conservatori e di tutte le altre componenti della filiera musicale, licei musicali compresi?
Questo decreto legislativo, grazie a continui richiami a norme preesistenti e conscio di evidenti discrasie del sistema formativo musicale, esprime una positiva volontà di riordino del settore ed una evidente, forse giusta, nostalgia per un panorama complessivo che è fortemente mutato.
E’ necessario ora ritrovare una unitarietà non solo di intenti ma di azioni concrete, perché l’arte e la musica possano essere veramente valorizzate e potenziate.
Alberto Spinelli
(Docente di Pianoforte e Coordinatore del Liceo Musicale Attilio Bertolucci di Parma)