Da un lato esponenti del Governo e del Partito Democratico annunciano l’avvio di una stagione di consultazione che, dopo “la buona scuola”, porti anche ad una riforma del sistema universitario; dall’altra il documento con le linee di indirizzo per il 2015, pubblicate dal Miur in questi giorni, che elenca come priorità politiche un minestrone di vecchie idee condite di retorica del merito e dell’eccellenza.
Dichiara Gianluca Scuccimarra, coordinatore dell’unione degli universitari: “Leggendo gli indirizzi del Miur per il 2015, ci si trova davanti, ancora una volta, all’esaltazione di un’idea completamente distorta di merito, nella quale l’unico obiettivo sembra essere valutare e punire studenti ed atenei, per far sopravvivere solo i “migliori”.
Il documento insiste sull’accreditamento, ma limitandosi alla semplificazione dei processi, senza nessun accenno ad una revisione, quanto mai necessaria, dei criteri di valutazione e della strutturazione stessa dell’ANVUR e dell’AVA. Sui finanziamenti,poi, si arriva a dire che gli Atenei devono essere finanziati esclusivamente in base alle loro “performance”: si fa della qualità della didattica e della ricerca una questione di “prestazioni”, quasi si trattasse della resa di un macchinario. E lo stesso schema viene applicato agli studenti; in uno dei paesi d’Europa con meno giovani laureati, dove le immatricolazioni calano costantemente da dieci anni e i morsi della crisi spingono sempre più persone ad abbandonare gli studi, si continua a farneticare di eccellenza ed efficienza. Abbiamo 46.000 studenti che avrebbero diritto ad una borsa di studio ma non la percepiscono per mancanza di fondi, una vergogna unica in Europa, e la risposta del ministero, celata dietro una frase sibillina, è che bisogna innalzare i criteri di merito per ridurre chi ne ha diritto; siamo davvero stufi!”
Conclude Scuccimarra: “È da questo documento che parte la “Buona Università” di cui parlava giorni fa il Sottosegretario Faraone? Se le premesse del Governo per riformare l’università, sono ancora una volta i desiderata dei rettori, o lo scaricabarile sui finanziamenti, gli studenti non ci stanno.
Il sistema universitario pubblico è sempre più in crisi e non ha bisogno di ricette aziendalistiche, ma di risposte strutturali che partano dai finanziamenti, dal superamento dell’impianto ideologico della riforma Gelmini, ridando centralità all’istruzione universitaria e al suo ruolo per lo sviluppo e la mobilità sociale nel Paese, e dalle condizioni materiali degli studenti, senza i quali non può esistere alcuna “buona università”.