L’ondata lunga del drastico calo delle nascite arriva anche alle scuole superiori: lo ha sottolineato oggi il direttore generale dell’Istat Michele Camisasca durante un intervento al convegno della Gilda degli insegnanti organizzato a Roma incentrato sulla denatalità.
“Il 2008 – ha detto Camisasca – è stato l’anno in cui ci sono stati più nati, da allora la discesa è costante. La curva della discesa dal prossimo anno si riverbererà anche sulla scuola secondaria”. Ammontano, è stato fatto notare, a 186 mila in meno gli alunni alle primarie tra il 2015 e il 2019. Il decremento ha coinvolto scuole pubbliche e private.
Per Camiscasca, se è vero che meno studenti in aula aiuteranno la didattica, saranno numeri inferiori di chi contribuirà a pagare le pensioni, a lavorare e quindi migliorare le aspettative di vita: “essere scesi sotto i 400 mila nati nel 2022 (negli anni del boom economico si viaggiava oltre un milione di nascite l’anno ndr) rappresenta il numero più basso dall’unità d’Italia, è un deficit che non si recupera progressivamente: questo avrà un impatto, la forza lavoro sarà inferiore”.
Per il direttore dell’Istat non vi sono dubbi: “bisogna pensare sì ai benefici di un’aula meno affollata” ma anche a quello che ne consegue.
I dati resi pubblici dal direttore dell’Istituto nazionale di Statistica non sono una novità: lo scorso anno si registrano ben oltre 100 mila iscritti in meno rispetto al precedente.
A questo punto, per chi governa la scuola è giunto il tempo delle scelte: la maggioranza deciderà di ridurre il numero di alunni per classe con nuovi “tetti” minimi (andando così a debellare una volta per tutte anche le cosiddette ‘classi pollaio’) oppure si procederà con l’accorpamento di scuole e la riduzione del contingente dei docenti e del personale Ata?
Presto ne sapremo di più, perché sarà inevitabile prendere dei provvedimenti a fronte di un quadro complessivo di iscritti sempre più deficitario.
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