Il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, è intervenuto oggi, 11 maggio, agli Stati Generali della Natalità presso l’Auditorium della Conciliazione di Roma, evento dedicato all’analisi dello stato di salute demografico del nostro Paese.
“L’iniziativa è su un tema importante e delicato, un fenomeno che in questo anni sta emergendo in tutta la sua gravità e coinvolge il nostro futuro”, così ha esordito il capo del dicastero di Viale Trastevere.
Quest’ultimo ha riportato un paio di dati alquanto preoccupanti: “La denatalità avrà conseguenze nell’immediato e impegna tutti noi a trovare soluzioni e trovare soluzioni è possibile avendo ben chiaro gli obiettivi e con un dialogo tra tutti. Ha riflessi diretti sulla società, come la costante diminuzione del numero di lavoratori attivi, minacciando la sostenibilità del debito pubblico. Si rischia di non riuscire a garantire tutti i servizi per le persone più anziane compromettendo le prospettive di sviluppo sociale e culturale per i giovani. Il quadro per i prossimi dieci anni è allarmante, si rischia di avere tra i 120mila e i 130mila ragazzi in meno ogni anno, e se il trend sarà questo fra 30 anni saremo cinque milioni in meno e avremo perso 2 milioni di giovani. Mettendo al centro la persona possiamo riaffermare la cultura della vita, la nascita di un bambino è un segnale di speranza”.
Si tratta di più di un milione di alunni in meno tra 10 anni, nel 2033: “Dagli odierni 7,4 milioni di studenti nell’anno scolastico 2033/2034 si scenderà a poco più di 6 milioni. A ciò bisogna aggiungere il fenomeno della fuga dei cervelli. L’organico dei docenti rischierebbe di passare dalle oltre 684mila cattedre a circa 558mila, con una riduzione di 10, 15 mila posti di lavoro ogni anno. L’effetto di tutto ciò si sentirà di più nella scuola secondaria di secondo grado, dove potremo perdere circa 500mila studenti, in quella di primo grado 300mila, nella primaria 400mila, nell’infanzia 186mila”.
Ecco cosa propone il ministro Valditara: “Questa situazione dovrà condurre a nuovi criteri di formazione delle classi e degli organici. Non si tratta solo di salvare le cattedre a rischio ma di proporre vedute più ampie che il mio dicastero ha particolarmente a cuore e che vanno all’insegna della lotta alla dispersione scolastica, all’insegna di una sempre maggiore efficacia della formazione. Questa è la vera sfida che ci attende per proseguire sempre di più verso la personalizzazione della formazione”.
Cosa fare con le risorse dei docenti in eccesso? “Dobbiamo cioè realizzare una riforma che ci consenta di utilizzare le risorse dei docenti che andranno in eccesso per migliorare la formazione dei nostri ragazzi all’insegna, ripeto, della personalizzazione dell’educazione. Ed è proprio mettendo al centro la persona e proprio ridando valore alla persona che noi traiamo la linfa per riaffermare la cultura della vita”, ha concluso Valditara.
Oltre alla segretaria generale di Cisl Scuola Ivana Barbacci e Giuseppe D’Aprile, segretario generale di Uil Scuola, a reagire a queste dichiarazioni è stata la Federazione Lavoratori della Conoscenza Cgil in un comunicato.
“La crisi demografica è un dato di fatto: denunciamo da anni che siamo in presenza non solo di un calo delle nascite, ma di un vero e proprio fenomeno migratorio che sta svuotando le aree interne del Paese. Bene che il Ministro ne abbia preso oggi piena consapevolezza, se ne traggano le dovute conseguenze”.
“Per invertire la denatalità – secondo la Flc– servono politiche per sostenere l’occupazione stabile e di qualità di giovani e donne e investimenti negli strumenti di condivisione vita-lavoro: più asili nido, gratuità e obbligatorietà delle scuole dell’infanzia, più tempo pieno e tempo prolungato. È bizzarro parlare di docenti in eccesso quando abbiamo classi affollate nelle aree urbane e impossibilità di formare classi nelle aree interne, quando manteniamo livelli altissimi di dispersione scolastica e quando si continua a far cassa riducendo il numero delle scuole”.
“Quello che proprio non serve – conclude la Flc – è utilizzare il calo demografico come alibi per ridurre le risorse e gli investimenti a favore dell’istruzione”.
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