La famosa carta del docente, istituita dal ministero dell’Istruzione nel 2016, per acquistare tutto, tranne cultura. Lo si sospettava da tempo e infine venne la prova che, con quel “tesoretto” di 500 euro l’anno, invece di compare libri, biglietti per cinema e teatri o anche per mostre e musei, nonché hardware e software per il lavoro, alcuni prof hanno acquistato cellulari di ultima generazione ma anche vari elettrodomestici: dal frullatore alla lavatrice.
E pensare che nel 1996 se si voleva passare di gradone stipendiale era obbligatorio frequentare un corso di aggiornamento dalla durata di almeno 30 ore, così come era previsto dall’accordo siglato tra sindacati e ministero. E dunque in mancanza, altro che acquistare libri, andare al teatro o al cinema. Era in discussione perfino la spesa, visti gli stipendi sempre miserabili dei prof.
Si passa dunque da un eccesso all’altro, mentre i finanzieri del comando provinciale di Roma stanano 20 furbetti del bonus tra Artena, Segni, Lariano, Gorga e Colleferro, che utilizzano l’agevolazione concessa con disinvolta spregiudicatezza, reiterando l’abuso.
In tutto la somma spesa, secondo la Guardia di finanza, ammonterebbe a circa 45 mila euro.
Singolare, ma che depone in modo assai negativo nei confronti dei cosiddetti intellettuali, la giustificazione dei prof: “Non sapevo che non potevo acquistare quelle cose”, mentre sono scattate le sanzioni, da 500 a 1.500 euro, al titolare del negozio.
Ai docenti invece aspetterebbe la revoca del beneficio e l’avvio della procedura di recupero, nella speranza che i finanzieri non scoprano, ma pare che il fenomeno sia diffuso, altri furbetti.
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