L’espressione “deportazione degli insegnanti precari” sta infastidendo, urticando e scandalizzando sia ambienti governativi, sia alcuni media che li supportano (v. Enrico Mentana, LA7 e tale Mario Lavia, Unità).
Come si permettono questi precari di rifiutare il ruolo, cioè il “posto fisso”, graziosamente offerto dalla Buona Scuola pur nella situazione attuale (disoccupazione al 12,7%, malgrado Job Act) e non si fiondano dovunque lasciando casa e famiglia? Viene quasi in mente Matteo (l’Evangelista, non l’altro): “Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me” Mt, 10.37. Il termine “deportazione”, appare già in alcuni articoli di luglio scorso, ma si afferma e buca i media a partire dal 14 agosto, allo scadere delle domande per l’immissione in ruolo ovunque, comunque e purchessia. “Deportazione” travolge e distrugge l’effimero castello di carte (false) indicato come “Buona Scuola”. “Ho scelto di lasciare Palermo per Torino ma mi sento deportata”. Così Maria Sparacino intervistata da Repubblica il 15 agosto, e in procinto di lasciare marito e due figli di 10 e 14 anni, per prendere il ruolo a 52 anni.
Lo stesso giorno Matteo Renzi su Facebook augurava benedicente e tronfio “Buon ferragosto a tutti. Un ferragosto speciale per quei 71.643 nostri connazionali che vivono un’estate diversa perché grazie alla legge 107, c.d. buona scuola, possono superare dopo anni e anni la condizione di precariato.” Ma un sondaggio di scuolasocial.it testimoniava subito e brutalmente che solo il 6% (un misero sei per cento! Neanche 1 su 15!) dei connazionali arruolandi apprezzava il ferragosto speciale. Due giorni prima la “deportazione” veniva ancora indicata come “esodo forzato” dai precari di Unidos Sardegna che manifestavano all’aeroporto di Cagliari-Elmas con 15 metri di striscione: «Scuola sarda No Trolley». Poi, due giorni fa, martedì 18, la lettera di denuncia di Marcella Raiola pubblicata sulla prima pagina di Repubblica provocava uno tsunami nell’ambiente governativo e ministeriale. Il pastrocchio indigesto e mefitico della c.d. “buona scuola” veniva apertamente rivelato e denunciato.
Così Marcella Raiola metteva sotto accusa governo e Miur: “’Deportare’ è una parola forte, è vero, ma è affiorata spontaneamente alle labbra di lavoratori precari da dieci o addirittura venti anni, con alle spalle peregrinazioni in varie regioni e grandi sacrifici, sia per l’aggiornamento (a carico nostro) che per la maturazione di un punteggio che ora viene azzerato e vanificato.”
Sul sito di Repubblica partivano subito – mischiandosi agli altri – post di disturbo e commento a difesa dell’azione governativa e volti a ridurre il danno all’immagine mediatica. Gli autori coperti da nick name, e con c.v. ignoto, sono chiaramente “troll” cioè mercenari del web, azionati e retribuiti al bisogno.
Ad esempio, così commenta tale “Alex 2044” il 19 agosto 2015: “La signora Professoressa [Marcella Raiola] ascoltata in diretta [per pochi secondi!] non sembra avere le qualità per insegnare.Le mancano completamente l’autorevolezza e la moderazione nei toni che sono doti indispensabili per poter avere un rapporto costruttivo con dei giovani. Il linguaggio ed i temi tardo sessantottini ne fanno un’epigona di quel periodo che con tutti i suoi difetti, che io ho sempre combattuto, aveva,almeno, il pregio e la freschezza della novità. Si rassegni signora lei non è adatta ad insegnare con i suoi toni autoritari . Si cerchi un lavoro alternativo farà del bene agli studenti ma ancora di più a se stessa.”
Cosa replicare a un tale genio anonimo? Anche una pernacchia risulterebbe inadeguata e sprecata! Torniamo alle cose più serie. Dopo aver proclamato “non calo riforma dall’alto”, Renzi – smargiasso, ad alta velocità e no-stop – ha fatto proprio l’esatto contrario! Ora comincia a raccogliere i frutti. Pur con tutte le loro carenze, contraddizioni e omissioni i sindacati possono dichiarare: “Si costringono migliaia di precari a trasferimenti forzati verso altre regioni solo perché non si è voluto mettere in campo, come richiesto ripetutamente dalle organizzazioni sindacali, un piano pluriennale di immissioni in ruolo e neppure si è voluto unificare almeno le varie fasi in modo da tenere conto del rapporto tra iscritti nelle graduatorie e posti disponibili.” (Mimmo Pantaleo, Cgil, 19 agosto).
“Nella scuola da sempre ci si muove per cercare lavoro nei territori in cui maggiori sono le opportunità di occupazione. Ma un conto è farlo per scelta, altro essere costretti a una mobilità che ha ben poco di razionale, per le regole assurde di un piano di assunzioni pieno di incongruenze, contraddizioni e inutili forzature, frutto della superficialità e della scarsa conoscenza dei problemi da parte del governo, indisponibile a tener conto di proposte utili e sensate che da più parte gli sono venute e che sono state sistematicamente ignorate.” (Francesco Scrima, Cisl, 18 agosto).
“Tutto questo perché ancora una volta i tecnici e i politici che poco conoscono il mondo della scuola non hanno voluto ascoltare i consigli dei rappresentanti dei docenti che avevano indicato le soluzioni migliori per evitare il caos drammatico di questi giorni”. (Rino Di Meglio, Gilda, 14 agosto). “Il ministero sta chiedendo a questi colleghi di dare l’assenso ad un trasferimento che, al di là della finzione giuridica della “domanda volontaria” che presuppone il libero consenso, nella realtà viene vissuto come coatto, ingiusto e oltretutto arbitrario perché non giustificato da alcuna necessità.” (Andrea Degiorgi, Cobas, 9 agosto).