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Der Spiegel, la maggiore rivista in Germania, fustiga i politici tedeschi: state distruggendo il sistema scolastico!

L’immagine ricorda una scena da day after: si vede, di spalle, una ragazzina con il suo zainetto che fa capolino in un’aula scolastica fatiscente, porta scardinata, muri scrostati, umidità, una lampadina che penzola dal soffitto. Sullo sfondo, una vecchia lavagna con su scritto “oggi niente lezioni”.

E’ la copertina che l’ultimo numero di Der Spiegel dedica alla scuola tedesca. Il titolo non usa mezzi termini: Il fallimento della Scuola. Il sottotitolo è ancora più duro: come la Germania rovina l’avvenire dei suoi figli.

Anche la Germania, dunque, si lamenta del suo sistema scolastico? Anche la Germania, patria di tutte le efficienze nel nostro immaginario collettivo, accusa la sua classe politica di vuoti e inadempienze che stanno deteriorando la scuola? La copertina e il titolo del noto settimanale tedesco lascerebbero pensare di sì. Se si passa a leggere l’articolo di fondo dell’inchiesta, non ci sono più dubbi:  lo stato in cui versano le scuole – sostiene il giornalista – è rivelatore del disinteresse della classe politica per l’istruzione. Edifici vetusti, classi numerose, organico insegnanti insufficiente a coprire tutte le cattedre, formazione docenti prossima allo zero.

In generale, comunque, è la professione docente che non attira più come una volta. La Conferenza permanente  dei ministri dell’Istruzione dei Länder ritiene che entro il prossimo 2030 mancheranno all’appello circa quattordicimila insegnanti, soprattutto nell’istruzione secondaria e professionale e in alcune discipline più che in altre: matematica, informatica, scienze naturali e in generale tutto il versante scientifico. Sembrerebbe strano che i tedeschi snobbino la professione docente, in un paese in cui lo stipendio medio lordo va dai circa cinquantunomila euro iniziali agli oltre settantaquattromila di fine carriera. Gli ultimi dati OCSE dicono, infatti, che la Germania si piazza al secondo posto, dopo il Lussemburgo, tra i paesi dell’Unione Europea.

Strano soprattutto per noi italiani, dato che il nostro Paese, in questa stessa classifica, ottiene un poco onorevole tredicesimo posto con circa  venticinquemila euro iniziali e trentanovemila a fine carriera.

Ma tant’è. I sindacati tedeschi stanno tentando di frenare questa carenza vocazionale, pungolando i Länder a investire di più nell’istruzione, anche attraverso l’offerta di benefit quali indennità per trasloco e alloggio, borse di studio per la formazione, riduzione dell’orario di lavoro (in Germania è di circa 28 ore settimanali) e del numero di alunni per classe.

Gabriele Ferrante

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