Categorie: Attualità

Destabilizzato l’esile equilibrio ucraino

È molto difficile riassumere le secolari vicende storiche e gli avvenimenti degli ultimi giorni. L’Ucraina ha una storia complessa, lunga, articolata.
Nel 1000 la Rus di Kiev è la culla dello stato russo, qui si forma la lingua, la fede ortodossa, il testo delle funzioni sacre in staroslavo. Gli ucraini parlano da secoli russo. In Crimea vi è dai tempi zaristi un più solido insediamento proveniente dalla Russia, in ragione del suo valore strategico per il mar Nero. La regione di Lvov/Leopoli, la Galizia, dopo essere stata polacca e lituana, nel Novecento è prima austrungarica, poi parte della repubblica reazionaria polacca, quindi sovietica dal ’39 al ’41 e subito dopo parte del Reich. Tale regione cattolica forma, durante la guerra, coi fascisti di Kiev guidati da Bandera che organizza i rastrellamenti di comunisti ed ebrei, l’ossatura del potere locale alleato dei nazisti. I galiziani parlano una lingua che è l’incontro tra il polacco, il lituano e qualche parola russa. Nel 1945 la Galizia diventa sovietica e aggregata all’Ucraina. 
Nel 1991 tutti gli elementi di destra, più o meno nazionalisti e fascisti, si uniscono e formano un blocco sociale e politico che si contrapporrà stabilmente a quello della sinistra e russofono. La lingua ucraina nasce venticinque anni fa, come forzatura dei galiziani, appoggiati dalle destre. 
Nasce un ibrido galiziano-russo, definito ucraino. Le elezioni si sono sempre decise per pochi voti tra questi due gruppi sociali, culturali e politici contrapposti. I giovani in molti casi si sono orientati verso le destre nazionaliste e fasciste, sperando ingenuamente che l’Unione Europea avrebbe concesso passaporti facili e aiuti economici. La Nato ha provato a inserirsi, spalleggiata dagli stessi partiti, per danneggiare Russia e Cina. I filorussi, che vantano la possibilità di garantire gas, luce e molto altro a prezzo di favore dalla Russia, che al contrario dell’Occidente li aiuti non li promette, ma li dà, hanno vinto le ultime elezioni con Viktor Janukovyč, burocratico, noioso, ma eletto con un voto popolare riconosciuto dagli osservatori occidentali nel 2010. La villa e le automobili viste in televisione non sono di un dittatore, ma solo in dotazione a tutti i presidenti ucraini dal 1991. Sfarzo un po’ pacchiano, certo. Il SISA preferisce l’uruguayano Mujica. 
A novembre nel mondo, vedi anche Thailandia e Venezuela, si scatena una strategia di piazza contro chi agisca socialmente a favore dei cittadini e contro lo sfruttamento e l’intromissione statunitense. In Ucraina scendono in piazza i partiti che, senza alcuna espressione popolare maggioritaria, han formato l’attuale governo: Svaboda (Libertà) di Oleh Tyahnybok (10% alle elezioni) primo partito in Galizia, Spilna Sprava (Causa comune) del paramilitare Alexander Danilyuk, chiaramente nazifascista, UDAR (13% alle elezioni) guidata dal pugile Vitali Klitschko, ricevuto dalla Merkel e che nel 2010 firma con l’Occidente un accordo per dimezzare pensioni e stipendi e raddoppiare gas, luce, medicine e prestazioni sanitarie, ne è prova il cavo diplomatico 10KYIV278 Wikileaks, Pravyi Sektor (Fazione di destra) di Dmytro Yarosh, altra organizzazione nazifascista egemonizzata dal “Tridente di Stepan Bandera”, quindi il partito nazionalista “Patria” (25% alle elezioni) della Tymošenko e di Yatseniuk.
Janukovyč invece di indire a dicembre un referendum, che avrebbe vinto facilmente, essendo evidente il disastro sociale ed economico di un’eventuale adesione ai parametri dell’Unione Europea, lascia degenerare gli scontri di piazza, in cui i morti sono stati il risultato dell’aggressione fascista, ma che vengono attribuiti a lui. Quindi scappa. Le destre nazionaliste e fasciste formano l’attuale governo provvisorio. Un governo golpista che dichiara vietata la lingua russa, vietato il partito comunista ucraino che ha il 13% dei consensi, vietati i simboli sovietici, ma legittimi i simboli fascisti. 
Un grande ritratto del nazista Bandera viene esposto fuori dal Comune di Kiev ed è lì anche oggi. Abolire il russo vuol dire abolire la lingua parlata dalla maggioranza degli ucraini e violare la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. In Crimea e in molte parti della nazione si formano comitati di cittadini che rifiutano di riconoscere il governo golpista e si autodeterminano, appellandosi alla Russia. L’Occidente si scaglia contro i diritti dei russofoni, che non sono la minoranza, ma, lo ripeto, la maggioranza degli ucraini. La Russia si impegna a garantirne le libertà.
Questi i fatti, del tutto travisati dai media europei e così raccontati in Occidente al fine di alimentare una compiacente visione antirussa. Mentre tre fascisti sono ministri del governo provvisorio e i nazisti controllano militarmente la capitale.
Il Sisa si distanzia da tutti gli ucraini nazionalisti e fascisti e da tutti coloro che sostengono il governo provvisorio, illegittimo e golpista. Il Sisa esprime solidarietà ai cittadini ucraini e della Crimea che chiedono giustizia, libertà, democrazia e si riconoscono nell’antifascismo.
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