Sono una docente precaria con residenza e domicilio in Abruzzo, inserita nelle graduatorie provinciali di Firenze per la scuola secondaria di secondo grado. Ieri mattina avrei dovuto prendere servizio e coprire un posto di pochi mesi, ma a causa di una falla nella nuova piattaforma informatizzata di reclutamento predisposta dal SIDI, di cui la scuola mi ha informata al momento, la cattedra non sarebbe spettata a me, ma ad un docente che evidentemente non era comparso come reale destinatario. La procedura intera è stata annullata e ripartirà da capo.
Scrivo con l’amaro in bocca per il lungo viaggio affrontato due giorni fa e organizzato nel giro di un pomeriggio, scrivo per tutte le cose lasciate in sospeso nella mia città pur di lavorare tre mesi, per le aspettative tradite, per i progetti, le idee e anche per i timori maturati in queste ultime ore e per tutta un’altra serie di ragioni interiori che soltanto chi ama questo lavoro e lo svolge con passione potrebbe comprendere. Scrivo infine anche per i soldi investiti nello spostamento, soldi che nessuno mi rimborserà.
Credo sia ora di tornare a considerare gli insegnanti. Quello che mi è accaduto ieri è inammissibile e sarebbe potuto capitare anche ad una docente residente in Sicilia, in Sardegna o nelle regioni più a sud dello Stivale. Non è ammissibile che si possa partire da lontano per poi raggiungere un posto di lavoro che non esiste. Credere che i docenti precari debbano essere a totale disposizione del sistema scuola appartiene ad una forma mentis che deve essere cambiata. I precari sono privi di tutele, se non consultano nei tempi -sempre risicati- i siti degli USP rischiano di perdere un anno di lavoro, se una mail di convocazione da graduatorie di istituto finisce nella casella spam rischiano di non occupare il posto che gli spetta di diritto dopo anni di sacrificio per raggiungere un certo punteggio. E non è concepibile, per chi abita a centinaia di chilometri di distanza, ricevere un avviso di presa di servizio 24 ore prima della stessa. E’ irrispettoso della dignità dei lavoratori in quanto tali e del loro essere donne o uomini con degli affetti, con ambizioni e programmi inseguiti altrove in attesa di sostituire dei colleghi.
La mia posizione di precaria da tre anni, con quello appena cominciato quattro, è tale in virtù del fatto che non ho mai potuto prendere parte ad uno straccio di concorso. Aspetto l’ordinario dal 2019.
Concludo dicendo che la scuola non è colpevole di quanto accaduto, ma lo è un sistema che viene alimentato oramai da troppo tempo. Chi parla di sacrifici e di gavetta evidentemente non possiede abbastanza capacità critica per distanziarsi, almeno nella teoria, da una metodologia inopportuna e irriguardosa per la categoria degli insegnanti precari, che pure servono a mandare avanti la baracca.
Sara Del Vecchio
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