Un docente di Matematica lo prenderebbe come classico esempio di andamento numerico inversamente proporzionale: cresce il numero di alunni, ma contemporaneamente cala quello degli insegnanti. Con effetti immaginabili sulla qualità dell’offerta didattica e sul numero di studenti per classe. La denuncia è della Cisl Scuola, che il 20 giugno ha reso noti dei numeri sugli organici dei docenti ancora peggiori di quelli sonora emessi dagli altri sindacati: se fino ad oggi si era parlato di un quadro numerico complessivo dei docenti che per l’anno prossimo sarebbe rimasto immutato, il sindacato guidato da Francesco Scrima fa sapere che “mentre l’organico di diritto del personale docente riferito dell’anno scolastico che si sta concludendo è pari a 602.191, quello assegnato dal Miur alle Direzioni scolastiche regionali per il prossimo anno scolastico ammonta invece a 600.839 posti”. Siamo di fronte ad “un taglio, dunque di 1.352 posti, che non si giustifica e determina in molte regioni una vera ‘emergenza organici’”.
A rendere ancora più amara la situazione è il dato, questo non nuovo, sugli iscritti all’a.s. 2014/15: gli alunni che frequenteranno a settembre le scuole statali di ogni ordine e grado saranno 33.000 in più rispetto al 2013/2014. Con un incremento che si registra soprattutto nella scuola primaria e nella scuola superiore delle regioni del centro-nord.
Il segretario generale Cisl Scuola, Francesco Scrima, si dice quindi deluso dell’operato del nuovo Governo targato Renzi: “l’anticipazione di posti dall’organico di fatto all’organico di diritto, realizzata sia nell’anno scolastico 2013/2014 che in quello ancor precedente del 2012/2013 e richiesta anche da molti direttori regionali, è stata finora negata da una posizione intransigente del Miur che mal si concilia con le esigenze di definire un organico a livello territoriale rispondente alle esigenze di una popolazione scolastica in crescita.
Cambiare verso vuol dire forse, per la scuola, rispondere tagliando le risorse dove cresce la popolazione scolastica? La politica continua a considerare la scuola come un costo e non come un investimento: ci era sembrato di udire parole diverse, i fatti – conclude il sindacalista Confederale – ancora non lo sono”.
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