Parte dall’attualità e dai dati internazionali l’analisi che il segretario generale della Uil scuola intende svolgere nella sua relazione al congresso nazionale che si svolgerà a Torino dal 20 al 22 ottobre.
Un congresso che avrà al centro dei suoi lavori l’Europa, la valorizzazione del lavoro, il nuovo modello di sindacato.
Da un lato crescono vistosamente i risultati degli studenti nei test di italiano, matematica e scienze, dall’altro diminuiscono gli stipendi degli insegnanti.
Il primo dato, relativo alle rilevazioni Ocse-Pisa, risultato di un confronto che non è mai stato fatto in precedenza, fornisce il quadro dei progressi degli studenti italiani dal 2000 al 2012 [scheda 1].
Le ricerche internazionali sulla scuola, se intrecciate tra loro e analizzate nel tempo, mostrano trend chiari – commenta il segretario generale della Uil Scuola.
Si scopre così, nello studio che la Commissione europea ha commissionato alla Rete Eurydice, che mentre in 16 paesi del continente europeo si avviano aumenti delle retribuzioni [scheda 3] , in Italia, gli stipendi che sono già tra i più bassi d’Europa, sono in calo.
Gli insegnanti italiani si trovano, dunque di fronte ad una situazione paradossale:
da un lato, impegno e professionalità, consentono agli studenti di raggiungere livelli di apprendimento sempre più alti e qualificanti.
Dall’altro quello stesso impegno e quella stessa professionalità non ricevono alcun riconoscimento.
Anzi, nella legge di Stabilità, c’è una doppia, ingiusta, penalizzazione: nessun rinnovo contrattuale e niente scatti di anzianità
Tutto questo in un quadro [scheda 2] che vede l’Italia al penultimo posto, nel rapporto tra spesa in istruzione e spesa pubblica totale (8%) con un trend, che in assenza di una vera qualificazione della spesa pubblica che sposti risorse da sprechi e privilegi a favore dell’istruzione, rischia di farci diventare fanalino di coda dopo la Romania.
L’orientamento europeo è chiaro – sottolinea ancora Di Menna – “la qualità dell’insegnamento impartito e le competenze trasmesse ai nostri giovani avranno ripercussioni durature sui posti di lavoro e la crescita futuri – ha detto il commissario europeo all’Istruzione – è opportuno che gli Stati membri riflettano accuratamente sul peso delle retribuzioni e delle condizioni di lavoro per attirare e mantenere nell’insegnamento i candidati migliori”.
Dobbiamo ribadirlo chiaramente – afferma il segretario della Uil Scuola – quella italiana è una scuola che cresce, che ha competenze, che dà risultati. Servono politiche di modernizzazione che le siano di supporto.
L’impostazione della Buona Scuola, non può avere a presupposto che ce ne sia una cattiva, che va cambiata. Ecco – dice Di Menna – la cattiva scuola non c’è.
Attenzione a non cadere nell’ottica di voler ricominciare tutto daccapo. Va data fiducia alla scuola.
Questo non si può fare con politiche ulteriormente restrittive con contratti e progressioni economiche bloccate. E’ questo il buco nero nelle politiche del Governo sulla scuola.
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