Il richiamo fatto oggi dal Presidente del Consiglio Renzi è quanto mai opportuno – commenta il segretario generale della Uil scuola, Massimo Di Menna – è una anomalia del sistema che la Uil denuncia, in modo pressante, con dati e ricerche da più di cinque anni.
La scuola non può essere un ‘graduatorificio permanente’, servono qualità, continuità, stabilità.
Non ci soffermiamo – precisa Di Menna – sull’opportunità di seguire dei corsi, fatto assolutamente personale e talvolta anche utile. Quel che emerge dall’analisi di questi ultimi anni è il meccanismo che si è formato. Siamo in presenza di un sistema che “rincorre” se stesso. L’aggiornamento è determinato, oltre che dal servizio, dai titoli culturali, con costi altissimi per i supplenti.
Se da un lato è impossibile tratteggiare un profilo comune, perché abilitazione, anzianità di servizio, materie di insegnamento, provincia di residenza, province scelte per fare domanda, rappresentano variabili assolutamente soggettive, dall’altro tutte le persone inserite nelle graduatorie (che dal 2007 sono diventate “ad esaurimento” e da allora non hanno avuto nessuna variazione né di metodo, né di punteggio) sono accomunate dal fatto di essere in fila, da anni, all’interno di sistema basato sull’accumulo di “punti”:
12 punti per l’abilitazione;
12 per ogni anno di servizio,
6 per il diploma,
6 per altra abilitazione e così via.
Questo anno, ad esempio, gli ultimi chiamati nella scuola primaria, in ordine di graduatoria, a Milano avevano 88 punti, a Torino 82.
Un’abilitazione, un corso o un ricorso possono fare la differenza, dare quello ‘scatto in più’ che porta alla stabilità. E allora se un insegnante fa un corso, lo fa anche un altro, e poi un terzo e così anche gli altri perché nessuno passi avanti a nessuno.
La stessa cosa accade se qualcuno decide di fare un master o di aggiungere al punteggio di partenza la frequenza ad un corso di perfezionamento, o ancora intraprendere la strada del ricorso. Ad ogni ‘mossa’ ne corrisponde un’altra finalizzata ad accumulare punti, più punti degli altri. Una strategia che ha costi elevatissimi in termini di tempo, impegno e denaro.
Va eliminata – mette in chiaro Di Menna – questa ingiusta tassa sul precariato.