“Questa estate – ha dichiarato il ministro Umberto Bossi parlando alla festa della Lega a Pontida – scriveremo la legge per la salvaguardia dei nostri dialetti che dovranno essere insegnati anche nelle scuole”.
Bossi ha anche aggiunto che i dialetti “devono trovare spazio perché rappresentano la nostra storia e per secoli sono stati la nostra lingua”.
Evidentemente secondo il senatore leghista le leggi esistenti, che già tutelano le minoranze linguistiche, come previsto dalla Costituzione, non sono sufficienti e devono essere estese anche ai dialetti.
Peraltro norme di questo genere esistono già in diverse regioni che, in diversi casi, sostengono le scuole che intendono promuovere iniziative di studio sui dialetti locali.
Ma, questa volta, Bossi dice una cosa diversa: l’insegnamento del dialetto “deve” essere impartito in tutte le scuole e non può essere lasciato alla buona volontà o alla decisione dei singoli consigli di istituto e dei collegi dei docenti.
C’è da chiedersi, tuttavia, se la proposta leghista sia concretamente praticabile e attuabile.
Intanto il primo problema che si pone è quello della preparazione dei docenti: nella maggior parte dei casi, soprattutto nelle grandi città o nelle aree ad alta urbanizzazione, sono davvero pochi gli insegnanti che conoscono (e praticano con una certa assiduità) il dialetto del proprio territorio; senza contare il fatto che molto spesso non esiste neppure un dialetto “ufficiale” di questa o quella regione: il “piemontese” che si parla a Torino è ben diverso da quello che si parla sul Lago Maggiore, a due passi dalla Lombardia, o ad Ovada, al confine con la Liguria.
Una soluzione potrebbe essere quella di avere insegnanti “specialisti” di dialetto, ma i costi non sarebbero del tutto irrisori; un semplice calcolo lo dimostra: le classi di scuola primaria sono poco più di 130mila, supponiamo che – nella migliore delle ipotesi – in 30mila di esse il dialetto possa essere insegnato dai docenti di classe; ne restano da coprire 100mila. Per garantire anche solo un’ora settimanale occorrono 100mila ore/docente e cioè circa 5mila insegnanti (ma abbiamo idea che il “Senatùr” voglia fare le cose in grande e dunque potrebbero essere necessari persino 10mila insegnanti di dialetto).
Praticamente i risparmi che si sono realizzati con la “riforma Gelmini” verrebbero quasi azzerati da una eventuale “riforma Bossi”.
Sarà d’accordo il ministro Giulio Tremonti ? Nutriamo qualche serio dubbio.