Ancora un altro suicidio legato, si pensa, a fallimenti nella carriera universitaria. Purtroppo Diana Biondi, la ragazza di 26 anni scomparsa in questi giorni in Campania, a Somma Vesuviana, è stata trovata senza vita. Si tratta senza dubbio di un suicidio: ma cosa c’è stato dietro al tragico gesto della giovane, studentessa universitaria?
Si pensa che la morte sia legata alla laurea mancata della 26enne, come riportano La Repubblica e Il Corriere della Sera. “Vado all’Università. Devo ritirare la tesi e ci vediamo nel pomeriggio”. Sono le ultime parole di Diana Biondi ai suoi genitori, pronunciate lunedì scorso 27 febbraio, giorno del suo compleanno.
Diana aveva detto alla famiglia che la sua laurea in Lettere Moderne era prevista per la prossima settimana. Ma, come purtroppo vari casi di cronaca ci hanno abituato ad aspettarci, non era vero. Invece la studentessa aveva ancora un esame da fare: lo scoglio da superare era latino.
La ragazza viveva una vita tranquilla, almeno all’apparenza. Solo, si pensa, a quasi 27 anni il pensiero della laurea ancora da ottenere la faceva sentire fallita. Di questo, però, non ne aveva parlato con nessuno. Sembra che negli ultimi anni non avesse neppure pagato la retta, ma ai conoscenti diceva di essere quasi arrivata al traguardo accademico.
La studentessa lunedì mattina non ha mai preso il treno per Napoli per raggiungere la Federico II. Si è diretta invece in un borgo isolato di Somma Vesuviana e si è lanciata nel vuoto in un burrone a Santa Maria di Castello. Lì è stata trovata ieri, 1 marzo, nel tardo pomeriggio, dopo giorni di ricerche.
È stata un’amica di corso in una chat a dire: “Aveva raccontato che andava a ritirare la tesi, ma Diana non doveva ancora laurearsi”. Da qui i carabinieri hanno cominciato le verifiche e parlato anche con i professori della ragazza.
Oggi momento di riflessione a Porta di Massa organizzato dal sindacato degli studenti, che in un comunicato torna sulle difficoltà per gli universitari: “Ci riuniremo intorno al nostro consueto banchetto di LINK, all’entrata della sede di Porta di Massa, per ricordare Diana in un momento di riflessione condivisa. In questi momenti così tragici ci sentiamo di invitare la comunità studentesca tutta a partecipare. Non perché abbiamo risposte, o qualcosa da dire che possa bastare. Ma perché in primis come ragazzi e studenti sentiamo ci sia bisogno di stare uno accanto all’altro, come comunità studentesca che attraversa gli stessi spazi e le stesse esperienze, e che da momenti così tragici deve uscire più coesa e arrabbiata che mai, soprattutto se, come sembra, Diana è l’ennesima vittima di un sistema universitario solo fintamente meritocratico, che ci mette gli uni contro gli altri, in una competizione forsennata, con il costante ricatto dell’aumento delle tasse”.
Chiara Gribaudo, educatrice e deputata del Pd, ha scritto su Facebook: “Un Paese che non ti faccia sentire un fallito se non eccelli nella competizione, che non rimanga indifferente verso chi resta indietro. Occorre un cambiamento, in primis culturale, nel mondo dell’istruzione, del lavoro, della società. Meritocrazia è una parola bellissima, ma solo se inserita in un contesto che comprende le necessità, le storie, i percorsi di tutti. Troppo spesso dietro alla narrazione del merito, della competizione a tutti costi, abbiamo costruito diseguaglianze e dolore”. Evidente il riferimento alla nuova denominazione del dicastero di Viale Trastevere voluta dal Governo Meloni.
La questione della competizione, della pressione sociale legata ai risultati scolastici o universitari è più che mai scottante. Ne abbiamo parlato di recente riportando il discorso della studentessa Emma Ruzzon, che ha lanciato un grido di allarme e una richiesta di aiuto agli adulti: “Stanchi di piangere i suicidi dei nostri coetanei. A noi studenti viene richiesto di eccellere nella precarietà e con aspettative asfissianti. Non si tiene conto dei tempi di ognuno di noi né degli ostacoli economici e sociali”.
Dopo la pubblicazione del video sui social, tantissimi sono stati i commenti sia a favore che contro. Una docente ha scritto: “Questo discorso dovrebbero stamparselo per primi i miei colleghi docenti. Che rifiutano di accettare le unicità e le complessità di ogni studente, in quanto non corrispondenti alle aspettative dell’insegnante. Io come educatrice mi vergogno”.
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