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Dicono i COBAS: le paritarie non comportino oneri per lo Stato

Il MIM ha pubblicato il 10 novembre 2023 il primo avviso per la presentazione dei progetti, finanziati con risorse del PNRR, da parte delle scuole paritarie non commerciali del primo e secondo ciclo, per potenziare l’insegnamento delle materie STEM (Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) e multilinguistiche.

Vediamo di capire cosa si intende per non commerciali: sono tali “quando «l’attività è svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con lo stesso» (art. 4, c. 3, decreto 200, MEF). A titolo di esempio valga quest’inciso dell’ordinanza 35123/2022 della Cassazione in merito al pagamento dell’IMU: “nel caso di specie la retta applicata agli studenti mediamente supera il 50% del costo del servizio, e quindi può dirsi che si tratti di attività commerciale non esente da imposta comunale”. Dunque se la retta supera il 50% del costo del servizio, l’attività è certamente commerciale.

Il MIM mette a disposizione per le scuole paritarie un ammontare complessivo di 750 milioni di euro:

· 600 milioni destinati alla “[…] realizzazione di percorsi didattici, formativi e di orientamento per studentesse e studenti finalizzati a promuovere l’integrazione, all’interno dei curricula di tutti i cicli scolastici, di attività, metodologie e contenuti volti a sviluppare le competenze STEM, digitali e di innovazione […]”.

· 150 milioni serviranno “per la realizzazione di percorsi formativi di lingua e di metodologia di durata annuale, finalizzati al potenziamento delle competenze linguistiche dei docenti in servizio e al miglioramento delle loro competenze metodologiche di insegnamento”.

Viene da chiedersi se la soglia massima del 50% della copertura dei costi con le rette è parte dell’atto costitutivo delle scuole paritarie o furbescamente raggiunta con i fondi di Stato, Regioni e Comuni, elargiti in questi due decenni in misura via via maggiore e ormai “istituzionalizzati” (presenti in ogni finanziaria).

“Con queste iniziative – dichiara Giuseppe Valditara, Ministro dell’Istruzione e del Merito – lanciamo un segnale preciso: il sistema pubblico di istruzione è unico e comprende anche le scuole paritarie”.

Il finanziamento con fondi pubblici degli istituti paritari non è certo una novità, ormai da più di un decennio. Già lo scorso anno, nella sua prima legge di bilancio, l’attuale governo fu prodigo di finanziamenti verso le scuole non statali: 70 milioni in più rispetto all’anno precedente, per accogliere gli alunni disabili, più altri 20 destinati alle sole paritarie dell’infanzia.

Nella manovra di Bilancio di quest’anno sono stati stabilizzati i 70 milioni come fondo per la disabilità 2023-25, e i 20 in più per la scuola dell’infanzia, che saranno incrementati a 40 a partire dal 2024.

Il Ministero, ancora una volta, privilegia chi è già privilegiato, mentre la priorità dovrebbe essere il rifinanziamento dell’Istruzione statale, che si vede tagliare nuovamente le risorse. Ancora una volta si decide di stanziare fondi alle scuole private, tagliando su quelle statali. Attraverso misure come il dimensionamento scolastico si faranno saltare centinaia di istituti su tutto il territorio nazionale, così da risparmiare sugli stipendi di altrettantȝ dirigenti scolasticȝ e direttorȝ di segreteria (DSGA) (la recente finanziaria permetterà alle regioni di aumentare sino al 2,5% le autonomie scolastiche, riducendo temporaneamente l’impatto della riforma).

La quota di PIL che il governo intende erogare all’Istruzione passerà dal 4% del 2020, al 3,8% del ‘25, per arrivare al 3,5% nel ‘30.

In termini assoluti si tratta di un taglio che si aggira attorno ai 4/5 miliardi di euro, che sarà difficile effettuare senza toccare il personale della scuola e il numero delle classi.

Verranno meno le risorse necessarie alla scuola statale per garantire un’offerta formativa inclusiva, assumere il personale necessario, ridurre il numero di alunni per classe e rinnovare il Contratto Collettivo Nazionale.

In una situazione in cui la dispersione scolastica raggiunge di media il 14%, gli edifici scolastici spesso non sono a norma, si sceglie di tagliare ancora risorse alla scuola statale ed elargire ulteriori fondi alla scuola privata.

È inaccettabile che i soldi dello Stato vengano investiti per sostenere strutture private, venendo meno, ancora una volta, a quanto sostiene la Costituzione, all’articolo 33: “La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.”

Il grande vulnus è tutto qui: istituire viene inteso come “fondare”, ma una volta istituite, le scuole private, secondo la nuova vulgata su ciò che è pubblico, svolgono un pubblico servizio e ciò permette di destinare loro fondi statali, per «attività svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con lo stesso».

Attività svolta a titolo gratuito. Ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico. Che sia veramente così?

di Carmine Alba e Gianluca Maestra COBAS Padova

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