A Tortona fino a pochi giorni addietro erano 96 le persone ricoverate al Covid Hospital della città, di cui 18 residenti, mentre, secondo i dati forniti dalla Regione Piemonte, i contagiati risultavano in tutto 229 e 612 le persone in quarantena.
Una situazione dunque assi pesante per quel Comune, che naturalmente si riflette sulla scuola, sugli alunni e sul personale che in questo giorni è particolarmente impegnato nella didattica a distanza per cercare di non lasciare i ragazzi soli e pure per dare loro il tutto il sostegno di cui abbisognano, dimostrando così, nella prassi più concreta, che l’istituzione scolastica c’è, è presente e cerca di non abbandonare nessuno, come è del resto nella sua missione, perfino adottando un approccio del tutto nuovo nella didattica, quella che si sta usando in tutta Italia, a causa del famigerato Covid-19.
E proprio nel quadro della nostra rubrica “La Tecnica per la scuola”, abbiamo avuto una chiacchierata con Giordano Otello Marilli (originario di Catania), docente di italiano, latino, greco e storia presso il Liceo “Giuseppe Peano” di Tortona, una delle città, come si diceva, fra le più devastate dal contagio del Piemonte, per capire ancora di più quali risultati e quali prospettive sta portando l’insegnamento a distanza nel nostro sistema di istruzione.
E alla prima domanda, il nostro interlocutore vuole subito precisare che questa decisione del Ministero, viste le condizioni, rimane l’unica possibile per non abbandonare i ragazzi al loro destino, e poi aggiunge, in accordo del resto con quanto anche tutti gli altri docenti amano immancabilmente sottolineare: “Strategica in questo periodo, importante nelle condizioni in cui siamo, ma la dad non potrà mai sostituire quella in presenza.”
Fra l’altro, aggiunge pure, “nel nostro Istituto, e io lo so bene perché sono funzione strumentale per l’innovazione e formatore per la didattica a distanza, si è investito molto sulle piattaforme digitali e per il loro massimo sfruttamento. E non solo, ma si è creato un sistema strutturato per coinvolgere tutti i colleghi i quali sono stati pronti a rispondere, a darsi da fare, a mettersi in gioco per maneggiare al meglio questi nuovi strumenti, venendo così incontro ai bisogni degli allievi. È vero che la formazione dei prof non ha avuto uno sviluppo uniforme, ma è anche vero che quando c’è stato bisogno, nell’emergenza di operare e di svolgere il proprio lavoro al meglio, tutti si sono rimboccate le maniche: con abnegazione, se posso dirlo”.
Ma il prof Marilli dice anche un’altra cosa: “Abbiamo cercato, nella coralità dei colleghi, di fare in modo che gli studenti non perdessero la quotidianità dei contenuti disciplinari, l’allenamento con lo studio, il rapporto con la scuola, coi loro docenti e coi loro compagni. Che può sembrare secondario, ma non lo è. Non smembrare insomma nemmeno il gruppo classe, anche questo obiettivo ci siamo posto durante le riunioni che facciamo sempre con video chiamata. Nel corso delle quali abbiamo pure fissato i termini per la valutazione. Abbiamo infatti deciso di puntare di più sulla valutazione formativa, sull’impegno, la partecipazione, la presenza e la costanza durate le video lezioni. E tenga conto di un altro aspetto assai più significativo e assai particolare, a parte le difficoltà che taluni hanno con le note bizze della connessione: ad alcuni nostri alunni è venuto a mancare improvvisamente, falciato dal coronavirus, un parente, un nonno, un amico. Oppure un loro congiunto si è scoperto contagiato. Ma nonostante ciò, nessuno ha ceduto. Ragazzi meravigliosi, formidabili, meritevoli del mio massimo apprezzamento, e non solo mio”.
Ci dice ancora il prof Giordano che ai ragazzi con scarso reddito è stato fornito immediatamente in comodato d’uso lo strumento per non perdere neanche un’ora di connessione, allo stesso modo come è stato fornito ai tanti precari della sua scuola, che, come è noto, non usufruiscono del bonus, ma che per ora stanno portando avanti – sottolinea -con la stessa dedizione di tutti gli altri l’istruzione in Italia: “senza di loro la scuola si fermerebbe, ma a quanto pare non se ne vuole prendere atto e si lasciano in un limbo indecoroso”.
In ogni caso, continua ancora il docente, “quando la scuola sa organizzarsi, difficilmente lascia indietro qualcuno e la nostra preoccupazione come collegio è pure rivolta agli alunni del primo anno che, se già subiscono qualche sbandamento, in condizioni normali, nel passaggio dalla secondaria di primo grado a quella di secondo, immaginiamo che ancora di più lo subiscano nelle condizioni dettate dal virus, per cui temiamo, a ragion veduta, pericolose rinunce”.
E a questo punto ci chiarisce pure i termini dello svolgimento del programma, quello che, in altre parole, i ragazzi devono poi portare agli esami di stato o dal quale devono ripartire nella classe successiva.
“Le cosiddette macro aree e i macro temi non le sto tralasciano, come anche gli altri colleghi; sto semmai sfoltendo i passi antologici, per esempio, degli scrittori delle tre letterature che insegno. Invece di un certo numero di passi, ne sto facendo di meno, ma gli obiettivi formativi e disciplinari non stanno venendo meno, questo per quanto riguarda le quinte classi; per le altre classi, siamo convinti che al rientro di settembre dobbiamo riprendere contenuti forzatamente tralasciati”.
E a conclusione ci lascia una interessante riflessione: “Metà classe a distanza e l’altra in presenza, come si era ventilato, è improponibile. Se il governo vuole veramente puntare sulla scuola deve più semplicemente aumentare il numero dei docenti, restituendo loro quella dignità di cui hanno diritto, e anche non favorendo più l’umiliante mercato del precariato; e poi diminuire il numero degli alunni per classe”.
Un’utopia, ma l’insegnate è forse tra i più inguaribili sognatori del nostro Paese.
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